Le piante in generale sono dei laboratori chimici estremamente raffinati.
E' con la loro estrema capacità di produrre sostanze che affrontano e risolvono i problemi che gli pone la vita.
Non a caso costituiscono più del 99% della massa degli organismi viventi di questo pianeta.
Noi, nonostante i nostri miti, al loro confronto siamo ancora solo un esiguo per quanto pericoloso residuo ben al disotto dell'1%.
Se moltiplichiamo la raffinatezza chimica di ciascuna specie vegetale per la grande molteplicità delle specie esistenti otteniamo un'immensa potenzialità trasformativa.
Usiamo da sempre le loro sostanze come farmaci e siamo ben lontani dall'avere esaurito le loro possibilità terapeutiche.
C'è tuttavia un impiego delle piante (oltre a quello alimentare, di ossigenazione dell'aria, di materiale da costruzione, abbigliamento ecc) di cui è doveroso parlare.
Si tratta del FITORISANAMENTO.
L'idea di base risale agli anni 50' del secolo scorso quando ci si rese conto che piante semiacquatiche come il giacinto e la lenticchia d'acqua avevano la capacità di assorbire metalli tossici dalle acque contaminate in cui crescevano.
In pratica si è capito che con le piante si possono bonificare le acque e i terreni inquinati facendogli estrarre metalli pesanti e/o composti organici tossici.
E' quasi inutile dire che questa tecnologia non è ancora stata impiegata come dovrebbe.
Il girasole comune è per esempio in grado di estrarre il cesio dal suolo mentre quello selvatico riesce a farlo col cromo e col nichel.
Di molte altre piante come la senape, la colza, la festuca ecc si conoscono altrettante capacità specifiche.
Le possibilità inutilizzate sono enormi.
C'è poi da aggiungere che le piante non si limitano ad assorbire sostanze dal terreno o dall'acqua per toglierle dalle radici e concentrarle nelle foglie riuscendo a sbarazzarsene quando le foglie cadono; possono anche neutralizzare, trasformandoli, dei composti estremamente nocivi dei quali noi non riusciremmo mai a sbarazzarci.
Un esempio su tutti.
Il solvente organico per eccellenza usato dall'onnipresente industria della plastica, è il tricloroetilene. Basta guardarsi intorno per rendersi conto di quanti casi (non a caso) di tumori ci siano. Il tricloroetilene, come i suoi cugini, anche loro composti organici clorurati tipo le diossine, sono cancerogeni, sono stati sparsi a piene mani nell'ambiente e, siccome sono estremamente stabili, cioè non si decompongono, sono anzi indistruttibili coi nostri mezzi, una volta sparsi, hanno prodotto e continueranno a produrre la loro azione tossica per secoli.
Ebbene le piante possono assorbire dal terreno il tricloroetilene e trasformarlo in innocui cloro gassoso, anidride carbonica e acqua.
Pur avendo potenzialità enormi la tecnologia del risanamento di aria (in ambienti chiusi o particolari come ha dimostrato un classico studio della NASA), acque e suoli è ancora agli inizi.
Per ogni specie vegetale che facciamo estinguere vanno perdute per sempre le sue potenzialità farmacologiche e disinquinanti.
Per ogni specie vegetale che non studiamo o che non impieghiamo, obbedendo a consuetudini e a interessi di parte, ci priviamo della possibilità di non far ammalare i nostri corpi e, con i nostri corpi, le nostre menti.
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