Translate

venerdì 25 ottobre 2013

UNA QUERCIA PARLA ALLA LUNA

Un nome tu ce l'hai; Luna non può che riferirsi a te perché qui intorno non c'è nessun'altro che te.

Ma Quercia? Quercia è un nome che vale per tutti gli individui della mia specie e anche di più. Quindi io, a differenza di te, un mio nome non ce l'ho. E ne avrei bisogno anche perché, da qualche anno, mi trovo qui isolata in mezzo a delle grandi superfici spoglie.
Allora ho deciso di parlarti, dato che tante notti, quando le nuvole non sono troppe, mi fai compagnia e mi rischiari. 
Lo so che  in te non c'è vita, che sei sterile e come congelata dentro. Eppure - l'ho sentito dire da degli umani che si sono fermati a parlare sotto i miei rami- sei un pezzo di Terra spaccata e staccata da un grande urto un numero immenso di anni fa. Capisco dunque che una storia, anche tu come me ce l'hai e che all'inizio dovevi essere molto più vicina di adesso. Non oso pensare a quali effetti giganteschi provocavi, soprattutto sulle masse liquide terrestri, quando ci stavi quasi addosso! Doveva essere comunque uno spettacolo impressionante  la tua grande presenza in quel cielo antico, anche se magari non c'erano ancora occhi che potessero guardarlo!
Anch'io d'altronde non sono sempre stata come sono adesso: grande, imponente, col mio tronco massiccio e i miei robusti rami che si protendono intorno
Sai, ogni anno faccio una montagna di frutti -che gli umani chiamano ghiande- con la speranza, in tanta massa, che qualcuno riesca ad attecchire e a crescere fino a diventare, come me, una vera quercia.
E' chiaro che un tempo anch'io sono stata una piccola ghianda. Non si direbbe, vero, a vedermi adesso? Fra la mia parte sotterranea e quella esterna, se la misurassimo, ne risulterebbe una massa (non ti parlo di peso se no faremmo confusione) di almeno 30 o 40 tonnellate.
Rispetto agli animali, che tutti, compresi gli umani, devono mangiare e defecare e comunque espellere, la mia forza è che, per poter crescere, mi sono bastate e mi bastano delle rocce sciolte in acqua e un gas che si trova nell'aria.
Forte no? Essere capaci di trasformare la materia morta in materia viva senza miracoli! Se tu avessi l'aria e l'acqua liquida, con una temperatura di conseguenza meno estrema, quasi quasi potrei venire a crescere anche su di te.
Senza animali! Sai che bello!?
E' che qui dove sono, a darmi fastidio non sono tanto i cinghiali o gli scoiattoli che mangiano le mie ghiande o quegli insetti che con le loro punture mi costringono a fargli delle strutture tonde, chiamate galle, in cui crescono le loro larve.

Sono gli umani.
Hanno eliminato i boschi e, al loro posto, coltivano erbe per mangiarne i semi.
Posso capirlo. Quello che non posso capire però è come fanno a far crescere un solo tipo di erba su distese immense di terreno che lavorano così a lungo con le loro macchine. Tu non so se li vedi questi campi, ma ti assicuro che fanno impressione. Erbe di un solo tipo distribuite con un'uniformità che spaventa. Lo stesso tipo di ordine che potresti trovare in certi grandi cimiteri con le loro interminabili file ordinate di identiche tombe. 
Riescono a far morire i semi di tutte le altre erbe. In un modo così sistematico che poi ne può crescere una sola. Usano grandi quantità di quelle cose che chiamano diserbanti, e poi concimi, e poi ancora, per proteggere le innaturali e vulnerabili distese che hanno ottenuto, usano grandi quantità di quelli che sono soliti chiamare fitofarmaci: per avvelenare gli insetti, i funghi.... i batteri... e preservare così integre le loro erbe.
Il fatto è che io sono rimasta sola.
A dirti la verità non so perché mi hanno risparmiata e per quanto continueranno a farlo. Oltretutto, in mezzo come sono a queste distese folli, comincio a sentirne gli effetti. Lo vedo nelle mie foglie e, soprattutto, nelle parti terminali -le più delicate- delle mie radici. E pensa che avevo stretto un accordo con i tartufi e con altri funghi che ci faceva stare bene entrambi. Ma adesso anche loro, per via di quelle cose velenose di cui ti ho appena parlato, mi hanno lasciata.
Te lo confido,  con un po' d'angoscia: sto sempre peggio e ho capito che, anche se sono grande, il mio destino è segnato. Mi toccherà soccombere. Peccato perché, come quercia, avrei potuto vivere qualche centinaio di anni ancora.
Gli umani, pensa, inventori della parola umanesimo, ci hanno sempre uccise per il nostro corpo legnoso che è duro e resistente. Hanno cercato di rendere dolci i nostri frutti per mangiarseli ma, non essendoci mai riusciti, li hanno usati per allevarci maiali da trasformare in prosciutti e in insaccati.
Anni fa qualcuno di loro, più accorto, è venuto in primavera a raccogliere un po' delle mie gemme per farci un preparato che è ottimo per dare vigore.
Cosa vuoi che ti dica cara Luna. la Terra l'hanno presa in mano loro. Ma questi loro davvero non sanno quello che fanno.
Spero di rivederti ancora domani. Tu sei lontana e non so se puoi capire se ti dico cos'è diventato qui per me il futuro. E' solo l'oggi spinto a fatica avanti di un giorno.

domenica 20 ottobre 2013

I FUNGHI 3

Per concludere la panoramica sui funghi, restano alcune cose da dire.
I miceli fungini, sia nelle loro forme macroscopiche che in quelle microscopiche, sono onnipresenti. E onnipresenti sono le spore che questi producono e spargono in atmosfera in quantità esorbitanti attraverso i  corpi fruttiferi che, al momento opportuno, fanno emergere dai substrati in cui si sono infiltrati.
Queste spore, come del resto tutte le cellule riproduttive di tutti i viventi, hanno un mandato genetico: moltiplicarsi per riformare un organismo della stessa specie di quello che le ha prodotte. Un organismo cioè capace di fare le stesse cose, ovvero di inserirsi con lo stesso ruolo nel meccanismo del Mondo.
Innanzitutto i funghi si inseriscono nella decomposizione dei corpi morti di tutti gli altri organismi. C'è una concatenazione in questo e un lavorio incessante che vede coinvolti insieme ai funghi, insetti, larve di insetti, millepiedi, vermi, lumache, limacce, batteri.. Innumerevoli sono gli attori della generale decomposizione, spinta in giù a un livello chimico tale che le piante vive e in crescita, con le ramificazioni terminali delle loro radici, possono assorbire i componenti più elementari per costruire e accrescere i loro corpi complessi in un ciclo complessivo e ripetitivo di vita e di morte.
Se fuori dal suolo gli alberi di una qualunque foresta lottano per la luce con l'espansione e la crescita, nel sottosuolo competono per assorbire acqua e altre sostanze. E' evidente che, a parità di altri fattori, dall'efficienza della loro azione sotterranea dipende quella aerea. Così, certe specie di alberi si sono associate a certe specie di funghi formando ciò che è stata chiamata micorriza (dal greco mykes=fungo e rhiza=radice). Le ife fungine ricoprono le radichette terminali dell'albero di un rivestimento filamentoso finissimo che si estende ulteriormente nell'humus. Querce, faggi, betulle e tante altre specie affini nonché molte conifere hanno le micorrize e i funghi a esse associate sono differenti specie a cappello o sono tartufi. Il sodalizio, formatosi nel corso di milioni di anni di selezione naturale su un'infinità di tentativi, si mantiene ovviamente perché dà luogo a un vantaggio reciproco. Sicché quei funghi prosperano e quegli alberi si ingigantiscono nelle foreste.
Nella panoramica non mancano certo i funghi parassiti. In natura è la varietà vegetale che li limita dato che il loro sviluppo viene impedito dal gran numero di ospiti inadatti che li circondano. Ma con le colture, specialmente con le monocolture il discorso è diverso. Fra il 1845 e il 1849 la carestia provocata in Irlanda da un fungo della classe degli oomiceti, che fece marcire tutte le coltivazioni di patate ( fatte con uno stesso tipo di patata) su cui si reggeva l'alimentazione di quel popolo, fu alla base dei milioni di morti che misero in forse l'esistenza dell'intera nazione.
Le malattie provocate dai funghi sono ora un flagello dell'agricoltura intensiva e dello sfruttamento forestale che difendono la loro innaturale uniformità con tonnellate di veleni. Certi funghi chiamati carboni infettano i semi, crescono con l'ospite, che sembra sano, ma al suo interno è il fungo che si impadronisce della chimica, tanto che ad un certo punto le piante, invece che polline o ovuli, producono spore fungine.
Neanche gli animali si sottraggono ai funghi.
Diverse specie microscopiche sono in grado di attaccare peli, corna, unghie, piume, squame ecc
Sono note polmoniti provocate da funghi ed è nota la pericolosità di mangiare formaggi ammuffiti.
Da ultimo bisogna ricordare i licheni, organismi molto comuni che risultano da un'associazione di alghe e funghi.
Ci sono numerose varietà di alghe, unicellulari e filamentose, che riescono a vivere della poca acqua piovana presente sulle rocce, sui tetti e sulle cortecce degli alberi. Alcune si uniscono con funghi. Le cellule algali crescono e si moltiplicano fra le ife fungine e le inducono a formare strutture compatte e robuste le quali, alla fine, assomigliano a piccole alghe marine che però possono resistere all'essiccamento e riprendere vita quando sono bagnate.
I sottoboschi delle foreste nordiche sono costituiti da un tappeto spesso formato da licheni e le rocce sono spesso incrostate dalle loro formazioni colorate.



sabato 19 ottobre 2013

I FUNGHI 2

Un'informazione utile per chi, con poca esperienza e conoscenza, vuole dilettarsi a raccogliere "funghi" è la seguente: non ci sono funghi che diano avvelenamenti gravi fra quelli che sotto il cappello presentano pori. Ad esempio i boleti e fra i boleti i porcini.

A provocare avvelenamenti gravi se non mortali sono quelle specie che sotto il cappello presentano le lamelle,

oppure sono altre specie che si mostrano con  strutture completamente diverse dai funghi a cappello. Per esempio funghi lisci e ramificati come le Clavarie

oppure funghi che sopra il gambo presentano sommità trabecolate come per esempio le specie incluse nel genere Gyromitra.

Dunque se coi funghi che, una volta sezionati secondo un piano centrale che da sopra a sotto li divide in due metà, mostrano al centro un bel tessuto spugnoso fatto di tanti piccoli tubuli (pori in sezione orizzontale), non si corrono rischi gravi, con tutti gli altri non è consentito sbagliare.
A questo riguardo quando capita di ascoltare i racconti dei vari raccoglitori che basano le loro discriminazioni sui colori e sui luoghi di crescita, c'è da meravigliarsi che siano ancora vivi.
Il riconoscimento deve avvenire su base anatomica. E' necessario conoscere i tratti strutturali caratteristici dei vari generi. E se neppure questo è sufficiente, bisognerebbe fare come gli specialisti che ricorrono all'esame microscopico delle spore.
O si ha la certezza o si lascia perdere.
I funghi non esistono per farci piacere e per farsi mangiare. Esistono e basta e, come noi, anche loro sono un insieme di particolarità chimiche. Alcuni, come le Amanite falloidi,

uccidono perché nella particolarità chimica del loro metabolismo vengono prodotte molecole che interferiscono col nostro. Queste molecole, oltre che letali, sono anche istruttive. Bloccano a livello di ribosomi la catena di montaggio che nelle cellule assembla le proteine. Il lato istruttivo consiste nel capire che le cellule non si possono fermare mai.. Il loro chimismo interno non può essere interrotto. Un  blocco anche momentaneo ed è la morte: tutto quel magnifico sistema si sfalda. La nostra vita, come quella di tutti gli altri viventi, si fonda su un dinamismo interno di decine di migliaia di miliardi di cellule che non ammette sosta.
E' curioso ed emblematico insieme che uno dei corpi fruttiferi più pregiati è proprio una "sorella" dell' Amanita falloide, vale a dire l'Amanita cesarea.

Ci sono poi i casi speciali. Il Cantarello cibario,

conosciuto un po' da tutti come galletto e da tutti apprezzato sembra aver subito in un'area della Francia centrale una mutazione che lo rende velenoso mortale con conseguenze ovviamente disastrose per un viaggiatore-raccoglitore ignaro.
Nella percezione corrente i funghi, queste escrescenze strane, sono là, ogni tanto, comunque lontani da noi,  soprattutto nei boschi e nei prati.
Non la penserebbe così un dermatologo intento a osservare infezioni micotiche della pelle o delle unghie. Né un agricoltore alle prese con la ruggine del grano, o col carbone del mais; e neppure i servizi sanitari alle prese con le gravi intossicazioni provocate dalle farine contaminate da Claviceps purpurea.
D'altronde anche i lieviti sono funghi a cui si deve la fermentazione dei mosti e la lievetazione dei pani; e le muffe, da cui si sono ricavati i primi antibiotici.
Il fatto è che i funghi formano una parte notevole del Mondo e, dunque, partecipano in modo notevole al suo funzionamento. I loro corpi sono sommersi, infiltrati, onnipresenti e noi non li vediamo. Sono macroscopici e microscopici. E sono ovunque. Ai nostri occhi limitati capita ogni tanto di vedere qualche loro sgargiante o curioso, e percettibile, corpo fruttifero.
Mentre invece, oltre ad essere ovunque, riempiono anche ogni dove delle loro spore. Una sola Vescia gigante mette in circolo qualcosa come settemila miliardi di spore. Le spore dei funghi sono piccole, con niente si spargono nell'atmosfera, la riempiono, vi si disperdono. Ed è inevitabile che si posino su di noi e che noi le respiriamo. Sono talmente tante che, se mettessimo insieme le spore emesse da tutti i funghi del pianeta, formerebbero una massa immensa. Si tratta certamente di uno degli sprechi più imponenti del mondo vivente, forse il più imponente di tutti, non essendo ancora chiaro come la catena alimentare animale utilizzi questa enorme manna terricola ricadente dal cielo.

martedì 15 ottobre 2013

I FUNGHI 1

Innanzitutto diciamo che non sono funghi quelli che noi correntemente chiamiamo funghi. La dicitura è comoda ma non fa capire per niente con quali esseri abbiamo a che fare. I funghi derivano dalle alghe marine filamentose, sono alghe filamentose adattate, e quindi trasformate, per vivere sulle terre emerse. Prosperano nei terreni umidi, nei materiali morti che infiltrano formando intrecci sempre più intricati e matasse sempre più grandi  con le loro ife (filamenti) capaci di avvelenare e decomporre per crescere. Sono organismi vegetali per origine che però hanno perso quella capacità fondamentale dei vegetali che è la fotosintesi. Sono esseri infiltranti, estesi ma senza una forma precisa, che in quanto sommersi sfuggono all'occhio ma che, quando trovano le condizioni giuste, per riprodursi, formano degli organi riproduttivi generalmente esterni e visibili. Quindi, noi siamo soliti chiamare funghi quelli che in realtà sono solo gli organi sessuali dei funghi.


Detto questo, per cercare di capirli un po' di più, dobbiamo a nostra volta prepararci a penetrare nel loro mondo sconfinato.
Per comodità al loro corpo è stato dato il nome di micelio, mentre gli organi sessuali che il micelio forma sono stati chiamati corpi fruttiferi. 
I raccoglitori di funghi non sono certo raccoglitori di miceli.
I cappelli a pori o a lamelle, le mensole, le coppe, i tartufi, i sacchetti, le mazze e le macchie polverose sono in realtà corpi fruttiferi costruiti dai rispettivi miceli per disperdere sotto forma di spore il risultato della loro attività vegetativa.


Si può dire che i funghi, con le loro ife, esplorino il mondo morto con più precisione e con più intensità di qualsiasi altro tipo di organismo.
La loro varietà è incredibile. Sono la controparte numerica degli insetti e la spiegazione sta nelle capacità limitate di ogni tipo di ifa, quindi di ogni tipo di micelio, quindi di ogni tipo di fungo.
Diciamo che ogni specie di fungo ha, nelle cellule delle sue ife, un suo limitato ma preciso equipaggiamento chimico. Ora le varie specie di piante verdi che esistono, proprio perché specie diverse, differiscono chimicamente fra loro. Ma non è tutto: nell'ambito di una stessa specie differiscono ancora chimicamente fra loro le varie parti che le compongono. Risultato: tanto sono specializzati i funghi nelle loro capacità decompositive che vi sono tante specie di funghi quante sono le specie di piante moltiplicate per il numero delle loro parti. E il numero è enorme.
I miceli fungini possono raggiungere grandi dimensioni. Quello della Vescia gigante (capace di formare un grande e bianco corpo fruttifero a forma di palla), per esempio, infiltrando le radici morte delle erbe dei prati, può estendersi per una superficie superiore a quella di un campo di calcio. Riesce a farlo in due o tre secoli di vita.

Viceversa il micelio di un piccolo fungo a cappello può limitarsi a una foglia, o a un picciolo, o a un frammento di corteccia....
Quello di una muffa microscopica a una frazione dei frammenti precedenti..
Tutto ciò che muore viene decomposto con una precisione e con una minuzia incredibili. Nel pianeta in cui viviamo i funghi giocano una parte fondamentale in questo apparato che smantella le sostanze resistenti e complesse dei corpi morti riducendole ai loro componenti semplici. E' il solo modo per far sì che la morte possa funzionare da base per rilanciare la vita.

lunedì 14 ottobre 2013

ANCHE LE PIANTE SONO MORTALI

In generale in un bosco selvaggio vi è tanta materia morta, sul suolo, in piedi o ancora attaccata alle piante quanta ve ne è di viva.
Se si prescinde da fulmini, incendi e aggressioni varie, non si capisce chiaramente né perché né come un albero debba morire.
Mentre noi animali invecchiamo uniformemente, gli alberi continuano ad occupare l'ambiente che li circonda. Le loro estremità, a differenza delle nostre, non smettono mai di crescere e i loro tronchi continuano ad allargarsi mediante ispessimento secondario attorno alla parte interna che continua a morire.
Certo un fattore limitante è l'altezza a cui l'acqua dalle radici può essere portata alle foglie; un altro, è la distanza a cui il nutrimento dalle foglie può essere portato alle radici. Sta di fatto che, ad un certo punto, anche per ogni pianta comincia il declino.
Il ventaglio delle possibilità è tuttavia davvero ampio.
Cinquemila anni di durata e un'altezza di poco superiore ai 100 metri sono i record rispettivamente raggiunti dagli alberi. Mentre certe palme rampicanti sono arrivate a svilupparsi per una lunghezza di 180 metri.
Rispetto ai grandi alberi, gli alberi bassi e i cespugli hanno vita più breve. A loro volta le erbe possono convertire tutte le loro riserve in fiori e in semi ed esaurirsi in una sola stagione. Esistono palme, bambù e altre piante come le agavi che muoiono dopo un'unica grande fruttificazione. Un albero tropicale della stessa famiglia dell'arancio cresce fino a una quindicina di metri d'altezza e fiorisce una sola volta per poi morire. Il modo e il motivo della morte naturale delle piante sono temi poco esplorati.
Forse val la pena ricordare che gli organismi di cui stiamo parlando sono società organizzate di migliaia di miliardi di cellule. E che, come noi, anche loro sono strutture enormemente complesse che reggono la loro continuità sulla base di un rigoroso, finissimo, ordine interno, che riguarda tanto le cellule di cui sono fatte quanto le interazioni fra queste cellule. Queste strutture, tutte le strutture viventi, devono anzitutto, istante dopo istante riprodurre se stesse. Ed è proprio nel corso di un tale riprodursi che, inevitabilmente accadono errori, errori che col tempo si accumulano finendo per comprometterne il funzionamento.
Se questo è vero in generale e spiega (in accordo col secondo principio della termodinamica) perché in generale gli organismi muoiono è altrettanto vero che non spiega le loro morti particolari.
Non è sbagliato quindi pensare che, dovendo morire, ogni specie si sia "scelta" il proprio modo per morire.


sabato 12 ottobre 2013

BARDANA MAGGIORE

La specie di piante che è individuata  dalla dicitura "Arctium Lappa" è nota anche come Bardana maggiore. In realtà la denominazione "Arctium Lappa" si appiccica a delle belle piante spontanee, resistenti e adattabili, che vivono come popolazioni numerose su vasti territori.
Quelli di noi che sono stati giovani quando ancora c'era un rapporto stretto con la campagna o quelli che questo rapporto ce l'hanno ancora, non possono non ricordare le Bardane: con le loro ampie foglie verdi dall'odore intenso e, soprattutto, con quei loro frutti che, quando sono "pronti", si appiccicano saldamente ai mantelli di pelo o di altri tessuti e, pertanto, anche alla maggior parte dei nostri vestiti.
Chi non li ha mai tirati addosso questi  frutti uncinati delle Bardane (che si dice abbiano ispirato l'invenzione delle cerniere lampo)  per provocazione o per gioco ai suoi o alle sue compagne? E quale possessore di cani (in particolare se a pelo lungo), dopo averli fatti scorrazzare d'estate o in autunno su terreni incolti, non ha mai dovuto tirare fuori tutta la sua pazienza per liberargli il manto dalla loro presa?

L'aspetto generale della cosa prende il nome di DISPERSIONE. Le Bardane, essendo impossibilitate a spostarsi come tutte le altre piante, affrontano la necessità inderogabile di diffondere la propria progenie con un loro specifico meccanismo: agganciare saldamente i loro frutti al pelo dei mammiferi per assicurarsi un trasporto "lungo" e perciò una dispersione "ampia" dei propri semi.
Ovvio che questo loro modo non è che un possibile modo. Altre piante, per ottenere lo stesso risultato, si assegnano al vento, agli uccelli, ai fiumi o agli oceani o i propri semi al momento giusto addirittura li sparano... Insomma c'è una varietà davvero ampia di modalità dispersive e, per interpretarle, c'è una varietà sconfinata di forme e di strutture (soprattutto dei semi) adatte allo scopo.
Le piante di Bardana interessano per gli effetti benefici (quindi curativi) che possono avere su di noi quando le adoperiamo e per gli utilizzi gastronomici che se ne possono fare.
Per quanto riguarda gli effetti curativi -e questo vale per tutte le piante- è bene concentrarsi sui soli effetti principali, convalidati dalla ricerca e dall'esperienza, tralasciando quelli ipotetici o secondari, altrimenti si rischia di creare una gran confusione. A leggere certi libri sembra infatti che le piante facciano sempre bene e che tutte facciano bene per tutto.
Dunque le piante di Bardana maggiore (Arctium lappa) possono svolgere anzitutto un'azione depurativa. Permettono cioè di disintossicare, eliminare tossine. Le drenano fuori agendo su fegato, reni, intestino e pelle. In fondo le principali "vie d'uscita" dal corpo sono evidenti: urina, feci, sudore e secrezioni della pelle. Dunque, blando potenziamento dell'attività epatica, della secrezione biliare, della diuresi, del transito intestinale e accrescimento secretivo delle ghiandole sudoripare e migliore regolazione della secrezione sebacea: tutto questo le piante di Bardana possono farlo. Sono conosciute da sempre come potenti depurativi con in più un'interessante azione ipoglicemizzante, ipocolesterolemizzante e antibiotica.
Insomma, con le Bardane oltre a espellere tossine ci si può abbassare sia la glicemia sia il colesterolo.
Per quanto riguarda l'azione antibiotica, già nel 1929 il medico genovese C.Gibelli studiò in questo senso l'azione delle muffe e di molte piante tra cui le bardane di cui mise i semi a germogliare in acqua. Si rese conto che l'acqua in cui germogliavano questi semi assumeva proprietà batteriostatiche paragonabili a quelle evidenziate nei terreni di coltura delle muffe. Col ché appurò che l'uso popolare delle Bardane nelle foruncolosi ed in altre dermatosi non era privo di fondamento.
Per i preparati (decotti, tinture, vini medicati, amari ecc)  si usa tutta la pianta, quindi anche la radice.
Con la radice, polverizzata e unita a burro acqua e sale si facevano in passato dei biscotti raccomandati per i diabetici.
Le foglie più tenere, prima che diventino troppo amare possono essere aggiunte alle zuppe o utilizzate nelle frittate; invece, una volta seccate, pare che si prestino anche ad essere fumate, insieme a quelle di biancospino e di "Tasso barbasso"..