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venerdì 5 dicembre 2014

MALVA

Malva, un nome, una pianta
E, come al solito, non è vero.
Le piante odiano il singolare. Infatti, anche se qui si fa riferimento soprattutto alla malva comune (Malva Sylvestris),
non bisogna dimenticare che di Malve ne esistono numerosissime specie e numerosissime sono le varietà all'interno di ciascuna di queste specie.
Esattamente così come accade per ogni altra forma vivente.
Malva neglecta, parviflora, moschata, erecta, arborea, pusilla, verticillata ecc, ecc.


Tuttavia, almeno da noi, gli individui della Malva comune sono appunto i più comuni.
Bisogna dire subito che le malve sono piante particolarmente preziose per svariati e concreti motivi.
Intanto il loro uso è millenario e, quindi, all'inverosimile sperimentato.
Di sicuro, per esempio, sono da sempre conosciuti i loro effetti emollienti.
Ma andiamo per ordine.
Le radici si raccolgono in autunno. Le foglie da giugno a settembre. I fiori da aprile a ottobre.
Tipico è l'uso delle malve in tutti  i casi di irritazione delle mucose sia per uso interno che esterno, nei casi di stitichezza, di cistiti e di tosse stizzosa.
Cosa che non mancherà di destare interesse soprattutto nelle signore, l'empiastro di foglie fresche di malva può essere applicato sul viso per eliminare macchie pigmentate, rughe e per rallentare gli altri processi di invecchiamento della pelle.
Ma veniamo ad indicazioni alimentari più volte in pratica ripetute.
Se raccogliete delle belle foglie tenere di malva comune in quantità potete farle bollire per 5-10 minuti in poca acqua e vedrete il formarsi di un liquido di cottura mucillaginoso e giallognolo. E' un toccasana per lo stomaco e per l'intestino nonché, se volete prenderne una parte, una volta raffreddato, per il trattamento di svariate affezioni cutanee sulle quali va applicato.
Ma, tornando alle foglie nella pentola, siete nelle condizioni per fare un'ottima minestra.
Frullate le foglie, aggiungetevi la pasta che più vi piace, olio e parmigiano nel piatto.
E' una bontà e l'effetto rilassante ed emolliente sul vostro apparato digerente è garantito.
Purtroppo da un po' di anni a questa parte in molte aree le popolazioni di malva comune sono puntualmente parassitate da insetti che gli depongono le loro gialle uova sugli steli e sulle pagine inferiori delle foglie rendendo impossibile la raccolta.
In autunno questo non succede ma le foglie non sono buone come lo sono in primavera.
Comunque, se e quando trovate delle malve non parassitate usatele perché queste piante sono un tesoro che merita tutta la nostra attenzione. Meriterebbero anche tutta la nostra considerazione ma questo è un altro discorso.

martedì 2 settembre 2014

I PIANTA-FAME

Un'arteria coronaria si chiude. Il sangue ci sarebbe, ma non arriva più alle cellule che ne hanno assolutamente bisogno per vivere.
Allo stesso modo il cibo ci sarebbe ma, per una serie di ragioni e di ostacoli, non arriva a chi non ne può fare senza.
In entrambi i casi l'esito è spesso mortale ed è sempre e comunque di grande sofferenza.
La "Fame nel mondo" riguarda una porzione non trascurabile della specie umana. Dipende dalle modalità della Produzione e dalle crude logiche della Distribuzione.
Quindi è l'effetto di un affamamento e -ecco un bel teorema da dimostrare- questo affamamento è a sua volta causato dalla visione di specie sovrannaturale che i bipedi hanno di se stessi.
Se bastasse la quantità per risolvere il problema della Fame, siccome la base alimentare è sempre e comunque vegetale, sentite cosa si potrebbe fare.
Oggi i terreni coltivabili hanno bisogno di dosi sempre più massicce di fertilizzanti e i fertilizzanti principali sono i composti che contengono azoto, i più dispendiosi in termini energetici e i più cari.
C'è però una famiglia di piante che non ne ha bisogno per il fatto che è in grado di autofertilizzarsi.
Le Leguminose hanno stretto un rapporto con dei batteri speciali che ospitano in certi noduli delle loro radici.
E speciali lo sono veramente questi batteri perché, in cambio degli zuccheri che gli danno le piante, riescono nientemeno che a prendere l'azoto dall'aria.
L'aria che respiriamo è composta per circa l'80% di azoto. Solo che, così come si trova, questo azoto è inerte.
Le sue molecole sono troppo stabili. I due atomi  di azoto che le formano sono così fortemente legati fra loro che nessun organismo vivente è in grado di usarli.
Salvo i batteri chiamati non a caso azotofissatori ospitati dalle Leguminose.
Erba medica, fagioli, piselli, fave, ecc fertilizzano se stesse e, con i loro resti -come sa ogni agricoltore che coltiva i propri campi a rotazione- fertilizzano i terreni.
Ora pensate se questa simbiosi con i batteri azotofissatori che attuano le Leguminose potesse essere estesa a tutte le altre famiglie di piante alimentari.
Quale risparmio energetico e quale incredibile aumento della produttività!
E poi ancora.
Tutti i cereali utilizzati adesso sono annuali...mais, frumento, orzo, avena ecc. crescono e muoiono nel giro di un anno. Ma non è sempre stato così. La loro trasformazione in piante perenni è possibile.

Niente più arature, niente più semine annuali, niente più multinazionali che hanno il controllo e il monopolio dei semi. Insomma una vera rivoluzione che farebbe schizzare alle stelle la produttività dei terreni coltivabili e l'economicità delle produzioni.
Ci si può chiedere perché queste grandi mete non vengano raggiunte.
La chiave per sconfiggere i tumori sta nell'attivazione contro di essi del Sistema immunitario. La chiave per produrre cibo a volontà sta in quanto appena detto.
Eppure su questi obiettivi terreni non vengono veramente concentrati gli sforzi.
La specie umana ha evidentemente troppi fattori di dispersione che gravano sulle sue azioni veramente utili.
La moltiplicazione dei pani è laicamente possibile.
Per come stanno andando le cose c'è da chiedersi se sarebbe utilizzata per placare la fame.



sabato 30 agosto 2014

RISANAMENTI

Le piante in generale sono dei laboratori chimici estremamente raffinati.
E' con la loro estrema capacità di produrre sostanze che affrontano e risolvono i problemi che gli pone la vita.
Non a caso costituiscono più del 99% della massa degli organismi viventi di questo pianeta.
Noi, nonostante i nostri miti, al loro confronto siamo ancora solo un esiguo per quanto pericoloso residuo ben al disotto dell'1%.
Se moltiplichiamo la raffinatezza chimica di ciascuna specie vegetale per la grande molteplicità delle specie esistenti otteniamo un'immensa potenzialità trasformativa.
Usiamo da sempre le loro sostanze come farmaci e siamo ben lontani dall'avere esaurito le loro possibilità terapeutiche.
C'è tuttavia un impiego delle piante (oltre a quello alimentare, di ossigenazione dell'aria, di materiale da costruzione, abbigliamento ecc) di cui è doveroso parlare.
Si tratta del FITORISANAMENTO.
L'idea di base risale agli anni 50' del secolo scorso quando ci si rese conto che piante semiacquatiche come il giacinto e la lenticchia d'acqua avevano la capacità di assorbire metalli tossici dalle acque contaminate in cui crescevano.
In pratica si è capito che con le piante si possono bonificare le acque e i terreni inquinati facendogli estrarre metalli pesanti e/o composti organici tossici.
E' quasi inutile dire che questa tecnologia non è ancora stata impiegata come dovrebbe.
Il girasole comune è per esempio in grado di estrarre il cesio dal suolo mentre quello selvatico riesce a farlo col cromo  e col nichel.

Di molte altre piante come la senape, la colza, la festuca ecc si conoscono altrettante capacità specifiche.
Le possibilità inutilizzate sono enormi.
C'è poi da aggiungere che le piante non si limitano ad assorbire sostanze dal terreno o dall'acqua per toglierle dalle radici e concentrarle nelle foglie riuscendo a sbarazzarsene quando le foglie cadono; possono anche neutralizzare, trasformandoli, dei composti estremamente nocivi dei quali noi non riusciremmo mai a sbarazzarci.
Un esempio su tutti.
Il solvente organico per eccellenza usato dall'onnipresente industria della plastica, è il tricloroetilene. Basta guardarsi intorno per rendersi conto di quanti casi (non a caso) di tumori ci siano. Il tricloroetilene, come i suoi cugini, anche loro composti organici clorurati tipo le diossine, sono cancerogeni, sono stati sparsi a piene mani nell'ambiente e, siccome sono estremamente stabili, cioè non si decompongono, sono anzi indistruttibili coi nostri mezzi, una volta sparsi, hanno prodotto e continueranno a produrre la loro azione tossica per secoli.
Ebbene le piante possono assorbire dal terreno il tricloroetilene e trasformarlo in innocui cloro gassoso, anidride carbonica e acqua.
Pur avendo potenzialità enormi la tecnologia del risanamento di aria (in ambienti chiusi o particolari come ha dimostrato un classico studio della NASA), acque e suoli è ancora agli inizi.
Per ogni specie vegetale che facciamo estinguere vanno perdute per sempre le sue potenzialità farmacologiche e disinquinanti.
Per ogni specie vegetale che non studiamo o che non impieghiamo, obbedendo a consuetudini e a interessi di parte, ci priviamo della possibilità di non far ammalare i nostri corpi e, con i nostri corpi, le nostre menti.

domenica 15 giugno 2014

UN MONDO CICLICO FATTO DI CICLI

Si dice che l'idea di ciclo sia un'idea portante.
Così si dice perché, una volta che si è capita l'idea, consente di metterci sopra, ordinandole, tantissime altre idee meno portanti. E dunque logicamente meno importanti.
In effetti, persino l'Universo in cui esistiamo è molto probabilmente ciclico: coinvolto in una serie non si sa quanto lunga di contrazioni e di espansioni.
Un ciclo è un processo che si ripete.
Come la rotazione della Terra. Come il fatto che gli esseri viventi nascono, crescono, si riproducono, muoiono come individui e il ciclo riprende.
A proposito di cicli vitali è chiaro che questi riguardano anche le piante.
Direi soprattutto le piante quando si pensa che almeno il 97% della massa degli esseri viventi di questo pianeta è costituito da piante.
Il grande ciclo che si è installato sulla Terra è quello che collega i cosiddetti Produttori (cioè le piante) ai Consumatori ( cioè agli animali e quindi anche a noi) ed entrambi questi due ai Decompositori.
Insomma la vita si compone a partire dalla non-vita (rocce sciolte in acqua, acqua, gas dell'aria) Ma poi deve decomporsi per poter permettere - sfruttando sempre la luce del Sole (o sarebbe più corretto dire il Sole come luce)- alla nuova vita di trovare i materiali per ricomporsi.
Non appena ci si pensa ci si rende conto che dappertutto i processi si organizzano in cicli. Da quelli minori, come ad esempio i nostri cicli sonno-veglia a quelli maggiori, come ad esempio il ciclo dell'acqua (che coinvolge l'evaporazione degli oceani, le precipitazioni continentali con l'erosione, il trasporto dei fiumi e di nuovo l'evaporazione degli oceani..), il ciclo dell'Azoto, del Carbonio ecc..
Tuttavia anche nei cicli non sempre tutto scorre come dovrebbe.
Per esempio, molti milioni di anni fa, immense masse vegetali si sono formate ma non si sono decomposte. Il ciclo ha funzionato solo in parte, poi si è bloccato.
Siamo noi da qualche secolo che lo abbiamo riaperto.


Per soddisfare i bisogni crescenti delle nostre Economie, e alla nostra maniera.
Mi riferisco ai giacimenti di carbone, di petrolio e di gas su cui si è basato e si basa lo sviluppo economico delle nostre società.
E' importante vedere tutto questo sommovimento come basato su di un grande ciclo bloccato.
Quella enorme massa  di piante morte invece di fossilizzarsi, e cioè in un certo senso congelarsi, avrebbe dovuto decomporsi per consentire a tanta nuova vita vegetale di comporsi, mantenendo in questo modo il ciclo in equilibrio.
Invece, stiamo finendo di decomporla noi adesso..... bruciandola.
Con delle conseguenze gravi sull'Atmosfera che respiriamo e sul clima che subiamo. E' un fatto: il nostro inarrestabile incremento demografico avviene al posto della prevista rigenerazione di Produttori; è la prolificazione di una massa sempre più grande e vorace di Consumatori che, per lo più, oltre a essere inconsapevoli di quello che provocano sono anche incoscienti di quello che sono.


venerdì 13 giugno 2014

TENSIONE E IPERTENSIONE

La storiella è sempre significativa: invece di offrire un po' di pesce a chi si deve sfamare bisognerebbe dargli la possibilità di pescare.
Analogamente, se uno è teso e iperteso ovvero se è in uno stato di accentuata tensione nervosa e di alta pressione arteriosa cosa ci sarebbe da fare? Non vendergli da subito dei farmaci per calmarlo e per ridurgli la pressione ma insegnargli a raccogliere il biancospino.
Ricapitoliamo. Fuori dai centri urbani le piante di Biancospino sono piuttosto diffuse. Si tratta di arbusti spinosi ben ramificati che, in quanto resistenti alla siccità e capaci di formare siepi impenetrabili, sono stati usati per secoli per delimitare i confini. In primavera si riempiono di bei fiori bianchi che impregnano l'aria di un intenso, gradevole profumo e che, una volta fecondati dagli insetti, lasciano il posto a un esercito altrettanto numeroso di piccoli rossi frutti (detti falsi frutti, come del resto tutti i pomi, per via di sottili ragioni botaniche)
 
Bene, è provato che le sostanze che le piante di biancospino contengono (composti quali l'iperoside e la vitexina, l'acido ursolico oltre a varie ammine e steroli) hanno un'azione dilatatrice dei vasi sanguigni coronarici e addominali. Insomma fanno calare la pressione. Non solo, riescono a far risparmiare ossigeno al muscolo cardiaco, producendo quello che si chiama effetto inotropo positivo che, detto in modo da farsi capire, vuol dire che il cuore pompa meno volte al minuto ma pompa più forte e più sangue. 
Questa è la ragione per la quale il biancospino risulta utile per curare certe forme di aritmia. C'è poi un suo effetto sedativo -e quindi ansiolitico- sul Sistema nervoso centrale che lo rende utile anche nel trattamento dei casi di insonnia.
Tutto questo va bene. Ma, ammesso di saper individuare un Biancospino, quando e cosa bisogna raccogliere?
Le sostanze attive sono nelle foglie, nei fiori e nei frutti. Il momento migliore per la raccolta dei fiori e delle foglie è quando i fiori sono appena sbocciati, ancora non del tutto aperti. In quel momento le foglie sono di un bel verde chiaro e tenere.
Adesso conviene rivolgersi ai frutti.
Se non si vuol ricorrere alle tinture madri, che comportano l'uso della pianta fresca, dell'alcol, della macerazione, della spremitura e della filtrazione, basta farci delle tisane. Ovviamente si raccoglie in quantità, si fa seccare il raccolto in un posto asciutto e all'ombra e si conserva il tutto in vasi di vetro chiusi e tenuti al buio. Bisognerebbe abituarsi, per tenere sotto controllo la pressione, a bere un buon mezzo litro, a sorsi, durante il giorno di infuso di biancospino. Tutti i giorni, come tutti i giorni bisognerebbe fare un po' di moto, quel tanto da arrivare a far aumentare la frequenza cardiaca e a sudare.
Non troppo tempo fa le foglie tenere dei biancospini venivano adoperare come sostituti del te e fumate al posto del tabacco mentre con i semi macinati si faceva il caffè.
Il gusto degli infusi di biancospino è gradevole. 
Se si vuole accentuare l'effetto che questi possono avere sulla pressione arteriosa sarebbe utile aggiungervi delle foglie tenere di ulivo (Anche in questo periodo si possono prendere dai getti che gli alberi fanno alla loro base e che i toscani chiamano ricacci). Le foglie  di ulivo sono molto amare ma, a questo punto, basta dolcificare il tutto, con un po' di miele.
E' meglio poter pescare in acque pulite che dover mangiare del pesce su ordinazione di cui non si conosce la provenienza e non si conoscono gli effetti sul lungo periodo.


martedì 1 aprile 2014

PRIMULE

Il nome del genere, "Primus", si ispira alla precocità delle specie di Primule selvatiche che fioriscono formando tante macchie di un bel giallo brillante nelle zone umide dei prati e sui bordi delle strade collinari non appena la neve si scioglie.
Di sicuro da noi annunciano la rinascita, ossia la ripresa vegetativa di tutto il mondo vegetale dopo i rigori dell'inverno. E il loro ciclo di rilancio è anche il nostro, perlomeno quello che è inscritto nei ritmi biologici.
Primula vulgaris, Primula veris, ..farinosa, elatior,...., auricola, microdonta...e tantissime altre, alcune delle quali raggiungono il metro d'altezza, sono le specie del gruppo distribuite in tutto il pianeta.
Dunque, tanto per non fare eccezione, anche il mondo delle primule è quantomai vasto.
Due specie in particolare sono qui da noi abbondanti e immediatamente interessanti.
Una è la Primula veris.
Come altre primule produce sostanze affini all'acido salicilico e pertanto le tisane dei suoi fiori o anche le insalate di fiori e foglie hanno indicazioni simili a quelle dell'aspirina, leggermente analgesiche e antinfiammatorie.
Poco noto è il fatto che, sempre con i suoi fiori, peraltro sedativi, si produceva un vino ad alta gradazione alcolica.
Evidentemente c'è in loro molto nettare e quindi possono essere fatti fermentare con profitto....resta solo da chiedersi, in una sorta di ricerca del tempo perduto, come si fa a non essere curiosi di tornare ad assaggiare una simile bevanda! 
Le radici, aromatiche, sono espettoranti e vengono usate per ridurre spasmi e gonfiori.
La Primula vulgaris è fra tutte la più diffusa.

Ha proprietà simili a quelle della veris.
Le sue foglie più tenere e i suoi fiori, conditi con olio, sale e limone consentono di gustare qualcosa di eccellente e di salutare.
Nota importante: il succo delle foglie serve per eliminare le macchie cutanee con grande vantaggio estetico sia per le signore che per i signori.
Anche il rizoma della vulgaris è deliziosamente aromatico.
Il principio è sempre quello di provare e poi credere o, anche, di credere salvo poi provare..per sapere se aveva senso credere..




venerdì 28 marzo 2014

LAVANDE

Siamo alle solite, mi riferisco alla necessità di usare il plurale. Normalmente si direbbe La Lavanda, ma il fatto è che qui non stiamo parlando di un'idea platonica. La realtà è multiforme, piena di varianti e di variazioni e, conglobare in un'unica parola singolare tutto questo può essere pericoloso, soprattutto per i giovani. I giovani, loro, pensano di sapere quando conoscono la parola e invece, per sapere, bisogna aver fatto un po' di conti, se non tanti, con la realtà. Essere in grado insomma di salire dall'astratto al concreto. L'astratto è la parola Lavanda, il concreto è che di Lavande ce ne sono almeno 28 specie diverse ciascuna delle quali si stempera in una moltitudine di varietà a formare una moltitudine di esseri difficilmente enumerabile. 

Tuttavia, come tutti gli altri mondi, anche lo sconfinato mondo delle lavande ha delle caratteristiche distintive.
Tutte, le lavande, sono degli arbusti sempreverdi, sono decisamente aromatiche, hanno foglie piccole e lineari, resistono bene alla siccità e producono spighe di fiori profumati solitamente da viola a blu come colori ma in certi casi anche bianchi. Generalmente fioriscono in primavera e in estate ma la Lavandula dentata, per esempio, produce i suoi fiori in inverno.
A giudicare dalle enormi estensioni coltivate a Lavande in Provenza (ma le coltivazioni di lavande sono presenti un po' in tutto il mondo e, per esempio nel Nord Europa si spingono fino in Norvegia) si può star certi che vi è collegata una cospicua attività industriale.
In effetti, l'estratto dei loro fiori è un tonico utile per la pelle, è antisettico contro l'acne e facilita il rinnovamento cellulare, ragione per la quale le creme a base di lavanda sono molto richieste.
Le ghiandole che  vi producono l'olio aromatico  sono presenti in tutte le parti aeree di queste piante ma sono concentrate soprattutto nei fiori.
Tradizionalmente le spighe fiorali vengono usate per profumare la biancheria negli armadi data la persistenza e la gradevolezza del loro profumo. Ma si usano anche per aromatizzare vini, aceti, marmellate e altro.
Le tisane a base di fiori di lavande sono un classico per la cura degli stati ansiosi, ma anche per le flatulenze, le alitosi e i mal di testa.
I rami fiorali, raccolti un po' prima della schiusa, specialmente quelli della L.latifoglia sono repellenti per gli insetti, in particolare per le mosche.
C'è da dire infine che far crescere piante di lavande intorno a casa, in giardini, orti o semplicemente vasi contribuisce a rasserenare la mente.
Tra tutte, la lawanda è una specie veramente unica!!



giovedì 6 marzo 2014

LA VITA E' RISCHIO

Che le piante, con la fotosintesi, formino più ossigeno di quello che consumano lo sappiamo tutti, o quasi tutti.
Che siano indispensabili per ossigenare l'atmosfera è di dominio pubblico.

Che arricchiscano l'atmosfera non perché vogliono farlo ma per sbarazzarsi il più in fretta possibile di un gas pericoloso qual è l'ossigeno è invece un sapere di pochi.
Naturalmente sto parlando di piante in senso lato, quindi unicellulari, marine, terricole..
E questo è il punto: l'ossigeno è per loro come per noi un gas velenoso.
Il problema è: rispetto a una cellula che non usa ossigeno una cellula che lo usa è circa venti volte più efficiente. Quindi il rischio vale la candela e, gli organismi aerobici (quelli che usano ossigeno) sono la stragrande maggioranza mentre quelli anaerobici (quelli che non lo usano) sono un'esigua minoranza.
La vita è rischio e la vita è a rischio.
Prendiamo un'altra funzione fisiologica: la digestione.
La digestione è demolizione. Mangiando noi mangiamo cellule (o materiali che formano cellule) pur essendo anche gli organi che ci formano fatti di cellule. Per esempio mangiamo carne pur essendo fatti di carne. E c'è sempre un rischio concreto di autodigestione.
Così con l'ossigeno. L'ossigeno brucia le cellule ma le cellule si arrischiano ad usarlo senza bruciarsi o ...quasi o, almeno, ci riescono per un certo periodo.
E' un risultato che ottengono, forti di un preciso apparato chimico, dando da bruciare all'ossigeno in eccesso delle sostanze particolari che prendono il nome di antiossidanti con cui tentano di spegnerne i danni. 
Il processo è permanente e non ammette soste.
Si è fatto un gran parlare di queste sostanze antiossidanti. Un gran parlare e un gran vendere ma non è che in realtà ci si capisca ancora molto.
Un punto fermo l'ha fissato il dr. Sebastiano Venturi rendendosi conto che il meccanismo fondamentale che le piante marine usano per neutralizzare gli effetti negativi dell'ossigeno è basato sullo iodio.
Le alghe marine sono piene zeppe di iodio e, guarda caso, gli organismi marini che fanno parte della catena alimentare che si basa sulle alghe risultano essere molto meno soggetti a malattie rispetto a quelli terricoli o, per esempio, agli stessi pesci di acqua dolce dove lo iodio è molto più scarso.
Venturi, da medico, s'era trovato ad affrontare il problema del gozzo endemico: l'ingrossamento della tiroide per mancanza di iodio. Questa mancanza crea danni enormi: cretinismo, problemi ossei, tumori specialmente al seno e allo stomaco.
Può essere prevenuta con del semplice sale iodato (oggi praticamente obbligatorio) ma non vi dico le peripezie che solo qualche decennio fa ha dovuto fare Venturi per convincere le autorità a distribuire questo sale.
Le piante terricole si sono costruite i loro antiossidanti: flavonoidi, polifenoli ecc
Per noi la questione non è ancora chiara ma certo quell'organo che abbiamo qui nella gola, che si chiama tiroide e che può funzionare solo se dispone di iodio (sotto forma di sale ioduro) dovrebbe ricordarci che, se vogliamo continuare a vivere, dobbiamo cercare di non farci "ossidare".