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giovedì 20 giugno 2013

GLI STRAMONI

Datura stramonium. Gli stramoni.
Il nome Datura sta a indicare numerose specie a loro volta costituite da popolazioni ricche di varianti locali,
spesso coltivate per l'avvenenza dei loro fiori.
Tutte le specie del genere Datura sono da considerarsi velenose. Gli stramoni sono fra quelle più note. Anche perché tutto ciò che è velenoso lo è in funzione della dose e, se conosciuto, può essere utilmente usato. Così, per esempio, le foglie di stramonio sono state impiegate con successo (perché oggi non più?) per curare le crisi asmatiche sotto forma di sigarette, come dimostra l'immagine che segue.
Le sostanze responsabili delle attività farmacologiche degli stramoni sono narcotiche e agiscono deprimendo e alterando il sistema nervoso dei mammiferi, quindi anche il nostro.
La loro concentrazione maggiore si trova nei frutti.
In passato si depredavano i viaggiatori facendo bere loro del vino mescolato a un decotto di frutti di stramonio. E le vittime non sempre si risvegliavano.
Bisogna dire che, a loro modo, le piante del genere Datura hanno trovato delle buone armi per evitare di essere brucate.
Nell'antica Roma lo stramonio era ben noto.
La storia è questa. Le spose di classe agiata, in quanto donne, godevano di ben pochi privilegi rispetto ai loro mariti. Se chiedevano il divorzio tutti i beni restavano per legge al maschio. Solo rimanendo vedove miglioravano in tutto e per tutto la loro condizione: diventando padrone di casa, disponendo dei beni e delle attività del defunto.
Così, molte di loro scelsero la via delle "vedove addolorate".
Ed ecco lo stramonio. Serviva una schiava consenziente che sapesse intrattenere sessualmente il marito usando nel corso delle pratiche amorose un unguento a base....guarda caso di.... stramonio.
Con la scusa di ungergli il pene per prepararlo ad una migliore penetrazione o per rendere più piacevole una masturbazione, con un gioco erotico astutamente prolungato, la donna riusciva a fargli assorbire la giusta dose di veleno attraverso le mucose.. e il piano otteneva il suo effetto.
Sta di fatto che le vedovanze romane aumentarono così tanto che i legislatori si videro obbligati a intervenire per risistemare legalmente l'intera materia.
Pensa te lo stramonio!

lunedì 17 giugno 2013

LE PIANTE ODIANO IL SINGOLARE

Le piante odiano il singolare.
Non si può dire che si mettano le mani nei capelli quando sentono gli adulti umani parlare ai loro figli con frasi del tipo La Mela, La Patata, Il Pomodoro o anche La Mucca, Il Cane ecc, ma certamente, se potessero, si metterebbero i rami nelle foglie!
Questo perché la vita è varietà e variazione: E negarlo col singolare è accettare di mutilarsi la mente.
Come si può infatti dar conto della molteplicità rinunciando al plurale?
Sentite questa descrizione: "Ci sono patate dalla carne bianca, gialla, rosea, rossa, marrone, verde, purpurea, arancione, nera e macchiata o striata in varie tinte; patate d'ogni concepibile grossezza e forma, talune lucenti come pomodori, altre scabre come rospi. Vi sono patate immangiabili finché non sono gelate, patate con piante alte più di un metro, patate le cui piante strisciano a terra con viticci... patate che sono barometri viventi ...."
Più di tremila tipologie di patate... E ciò che vale per le patate, vale per i mais, per le mele, per le salvie (bisognerebbe essere consapevoli per esempio che con la parola salvia noi ci riferiamo ad almeno 700 diverse specie alle quali dovremmo aggiungere le varietà che esistono nell'ambito di ogni singola specie..) per qualunque altra forma vivente.
E allora perché il singolare? Perché non abbandonarlo il più in fretta possibile?
Forse a far paura, a mettere in difficoltà è l'idea stessa di molteplicità.Come facciamo a dominarla mentalmente? Sopratutto quando è così vasta, sconfinata?
Meglio allora pensare al singolare. E' più rassicurante. E' meno impegnativo.
Dopotutto l'Agricoltura moderna, quella della Grande Industria, sta eliminando le varietà. E, in questo, si è dimostrata una grande alleata del Singolare.
Ha creato ambienti artificiali in cui viene coltivata una sola specie per tipo: una popolazione formata da milioni o da miliardi di identici cloni. Mostri ecologici insostenibili e tuttavia sostenuti in tutto il pianeta con milioni di tonnellate di veleni.
Una strategia di uniformità, la sua, che si sposa con una certa idea di produttività. A essere esagerati viene da chiedersi se si stia muovendo in accordo con una Cultura per la quale il tutto è  Uno. Un Uno che spiega tutto, che consente di ridurre tutta la molteplicità a se stesso. Un Uno che, al massimo, può essere concepito come trino. Restando Uno.

mercoledì 5 giugno 2013

ORTICHE

C'è un'ottima ricetta che comporta l'utilizzo di  piante molto diffuse e a tutti note come lo sono per l'appunto le ortiche. ..... le ortiche comuni, si intende, quelle che vengono indicate collettivamente con la denominazione di Urtica dioica (...Dioiche perché esistono come individui con soli fiori maschili e individui con soli fiori femminili: e cioè come   maschi e come femmine)
Sono  piante perenni che vanno distinte da altre ortiche, annuali, di taglia minore, più pungenti e non dioiche denominate Urtica urens.  I loro fiori passano inosservati perché sono piante che come vettore per la propria riproduzione si affidano al vento e quindi non hanno bisogno di organi sessuali appariscenti, strutturati per essere visti.

Ne consegue che quando un gruppo di piante che, a giudicare dalle foglie, sembrano ortiche ma presentano dei bei fiori evidenti e colorati, si possono toccare tranquillamente perché non sono ortiche.
Queste ultime si sono dotate di innumerevoli peli urticanti come arma di dissuasione nei confronti degli erbivori. Sulla nostra tenera e scoperta pelle agiscono che è una meravilgia!! E' solo un esempio dei moltissimi stratagemmi scoperti dalle piante per cercare di non farsi mangiare...
In passato le ortiche si usavano per produrre dei tessuti resistenti e compatibili. Ci sono aziende che ancora oggi li producono.
Sulle proprietà medicinali delle ortiche sarà bene ritornarci, basti dire che le loro radici, raccolte all'inizio della primavera, risultano ottime per curare le patologie infiammatorie della prostata.
Ma veniamo alla ricetta premettendo che ci si deve munire di guanti, si devono raccogliere le sole cime di piante ancora giovani e si deve scegliere un luogo di crescita che sia sano.

ZUPPA DI ORTICHE
Sciogliere 50 grammi di burro. Aggiungere 400 grammi di giovani cime di ortica e cuocere a fuoco lento per 10 minuti. Versare 900 cc di latte e far sobbollire per altri 10 minuti. Frullare, rimettere in pentola, condire con sale e pepe, riscaldare e ...poi godersi quest'ottimo, nutriente, salutare  piatto.

domenica 2 giugno 2013

RICINUS

Se non è una bella pianta, è decisamente una pianta interessante, che attrae l'attenzione, per il suo portamento, per le sue grandi foglie di un verde bronzeo e, soprattutto, per le sue infiorescenze di un rosso intenso dove i fiori femminili (in alto) sono separati da quelli maschili (in basso).


Si tratta del Ricino: dell'immagine di un bell'esemplare di Ricinus communis.
Giustamente "communis" perché si trova un po' dappertutto, diffusissimo nelle aree del bacino mediterraneo allo stato spontaneo e, anche, massicciamente coltivato per i suoi semi in India, Cina e Brasile.
Di questi, se ne producono (India in testa) più di un milione di tonnellate all'anno.
Per estrarne, rigorosamente tramite spremitura a freddo, l'olio appunto di ricino, ritenuto prezioso come lubrificante e, anche, indispensabile componente di prodotti cosmetici da inserire nei preparati antirughe dato il suo forte potere idratante. Se per esempio vi è capitato, al passaggio di qualche moto potente, di sentire un odore insolito è quasi certamente per l'aggiunta di olio di ricino al sistema di lubrificazione del motore. Se nei componenti di prodotti cosmetici leggete che c'è il ricino è adesso possibile sapere il perché.
Durante il ventennio fascista si costringevano gli avversari politici a bere l'olio di ricino a bicchieri. La sua azione, in questo caso, è quella di un purgante energico, ma è anche talmente disgustoso che, il doverlo bere, equivale (è il risultato che si voleva ottenere) a una vera tortura.
Tuttavia, in questi giorni il Ricino è stato chiamato in causa per altre ragioni: e precisamente per degli attentati alla vita di Obama, di alcuni membri del Senato americano e del sindaco di New York, Bloomberg.
Com'è possibile? E' possibile perché dai semi di ricino, una volta spremuto l'olio, si può estrarre la ricina, una proteina estremamente velenosa che, una volta cristallizzata, può essere polverizzata.
In pratica sulle lettere indirizzate a Obama era stata sparsa ricina polverizzata.. e gli sarebbe stato sufficiente respirarne un po' per morire.
Un po'? Quantità irrisorie, perché il veleno è potentissimo e perché alla sua azione non esiste antidoto.
Bisogna ammettere che le piante possono essere veramente attive!!
Ce ne sono altre, oltre al ricino, che producono veleni potentissimi come ad esempio la pianta del fagiolo precatory (Abrus precatorius) e, in generale, bisogna dire che i veleni di origine vegetale sono tantissimi.
Tornando al Ricino, se ne parlò pubblicamente per certi fatti di cronaca nel 1978 quando, con un meccanismo pneumatico, camuffato in un ombrello che poteva sparare piccole schegge di legno, sul ponte di Waterloo a Londra, fu ucciso lo scrittore bulgaro dissidente Georgi Markov. Naturalmente la minuscola scheggia di legno con cui fu ucciso quasi senza lasciare traccia era intrisa di ricina.
Oggi, data la massiccia diffusione mondiale del ricino, si teme per un uso terroristico del suo veleno.
Intanto sul piano medico, come accade per tanti altri veleni, si stanno sfruttando alcune caratteristiche della ricina per colpire ed uccidere  elettivamente le cellule tumorali.
Si aprono alcune questioni di ordine generale.
La prima: perchè le piante fabbricano veleni?
La seconda:cos'è, in particolare, che fa della ricina un'arma tanto letale?
La terza: anche se lo si è sottaciutola storia umana, quella politica in particolare, è sempre stata anche la storia della conquista del potere tramite l'uso dei veleni. L'arte di avvelenare l'avversario, scomodo perché sa o ingombrante perché se ne sta al potere, ha raggiunto fin dall'antichità livelli veramente sofisticati. I potenti si sono circondati di assaggiatori. Ma non è bastato. La lotta per il potere, e quindi per il potere di fare la storia, ha continuato ad essere anche e sempre una storia di veleni.