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venerdì 20 dicembre 2013

CALENDULA OFFICINALIS

Le Calendule sono piante erbacee della famiglia delle Composite dai bei fiori colorati di un giallo-arancio molto luminoso. Questi sono presenti praticamente tutto l'anno e, tra le altre loro proprietà, hanno anche quella di mettere allegria.
In definitiva, quel loro colore intenso ci ricorda sia pure inconsciamente il colore del Sole da cui -anche se la cultura dominante ci confonde con le sue favole- noi sentiamo dipendere la vita.
Le Calendule il Sole lo seguono coi loro fiori e per questa ragione, come anche ai loro parenti Girasoli, gli si è affibbiata l'etichetta di eliotrope.
Nei mercati di un tempo i sacchi ricolmi di fiori di Calendula erano d'obblico. Davano colore ai risotti e alle insalate e poi si usavano per rendere più attraente il burro.
Mentre i fiori freschi sono delicatamente profumati, gli steli e le foglie risultano intensamente aromatici.
Prima di accennare agli usi possibili di queste piante vale la pena soffermarsi sulla struttura dei loro fiori. 
Basta guardare alla vita non come a una fotografia ma come a un film per capire come le forme attuali non possono essere che il prodotto di trasformazioni storiche. I fiori delle Calendule ( in Italia ne crescono almeno sei differenti specie) sono in realtà delle infiorescenze compattate. Immaginate una spiga, i vari fiori nel tempo si avvicinano, si riducono, si compattano, si specializzano, si mettono insieme per sembrare un singolo fiore. In realtà basta una semplice lente d'ingrandimento per rendersi conto che la parte centrale è costituita da tanti piccoli fiori circondati da tantissimi altri fiori che sono diventati ciascuno un singolo petalo. E' la strategia delle Composite, la famiglia di piante di cui le Calendule, insieme alle Margherite, ai Tarassaci ecc, sono esempi. Si tratta di una strategia riproduttiva efficace dal momento che le Composite (ora Asteracee), fra tutte le famiglie, annoverano nel mondo il maggior numero di specie.
Tornando alle Calendule un esame del loro fitocomplesso permette di comprenderne le attività.
Hanno per esempio una comprovata attività antimicrobica, antifungina e persino antivirale dovuta ai componenti dell'olio essenziale che se ne può ottenere per distillazione.
Inoltre, dai loro alcoli triterpenici, estraibili ovviamente con alcol, dipende la loro attività antinfiammatoria.
Ancora, la loro capacità di indurre le nostre cellule a produrre fibrina è responsabile della rapida chiusura delle ferite.
Penso sia sufficiente, anche se quelle elencate non sono tutte le attività che i vari estratti delle Calendule possono espletare.
Per esempio, un composto chiamato Calenduloside B estratto dai fiori ha dimostrato di avere un marcato effetto antiulcera.
Tornando al semplice, prendete una piantina di Calendula e piantatela nell'orto o in giardino. Si diffonderà come se fosse un'infestante. Ma avrete sempre tanti bei fiori da aggiungere freschi alle vostre insalate e ai vostri risotti. 
Senza contare il bel colore giallo-arancio luminoso che avrete intorno.

domenica 10 novembre 2013

APPARIZIONI

In qualunque pianeta, la Terra per esempio, gli esseri e quindi le specie possono solo formarsi, trasformarsi,....., de-formarsi.
Quando si leggono frasi del tipo: "L'uomo vive insieme alle piante da circa duecentomila anni, cioè dalla sua comparsa sulla Terra"
O ancora: "Fra i primi organismi unicellulari che apparvero sul Pianeta c'erano -com'è noto- anche le alghe",  ci si dovrebbe rendere conto di quanta irrazionalità continua a circolare anche in libri per il resto seri e razionali.
"La comparsa delle moderne piante coi fiori ebbe molte importanti conseguenze"
Certo è che anche una frase del genere rovina tutto quello che di sensato gli viene fatto seguire.
Come si formarono le piante coi fiori?
Da quali piante con i non-fiori si formarono?
E com'erano i primi abbozzi di fiori?
Se non era il momento di rispondere a domande del genere o non era questo il tema di cui si stava trattando, sarebbe bastato dire: "La formazione delle moderne piante coi fiori ebbe molte importanti conseguenze".
La Fisica, in base alla universale conservazione della massa-energia per cui niente si crea, niente si distrugge, ma tutto si trasforma, ha da tempo bandito i termini di comparsa, scomparsa, apparizione, sparizione.
I biologi, e perciò anche i botanici, non l'hanno fatto. Anzi, pare addirittura che ci prendano gusto anche se, così facendo, si mettono in palese contraddizione col meccanismo evolutivo che pure dicono di abbracciare.
Si tratta di un'incoerenza logico-filosofica più che evidente.
Come si è formata tale incoerenza?
Come si mantiene?
E soprattutto, come si può trasformare?

sabato 9 novembre 2013

MACLURA POMIFERA

Se si vede un frutto è certo che l'ha formato una pianta. Se si vede un frutto come questo

è certo che la pianta che l'ha formato è una Maclura pomifera. Per essere precisi, un individuo femmina di Maclura pomifera. La specie infatti è dioica, vale a dire che - anche se trattandosi di piante può sembrare strano- è formata da maschi e da femmine. I fiori con gli ovari ce li hanno le femmine e quindi sono solo loro a fare i frutti.
La specie è tipicamente nordamericana. Qui da noi ha una distribuzione variegata dato che fu introdotta in qualche area per cercare di sostituire i Gelsi malati con le cui foglie venivano nutriti i bachi da seta. Si tratta di piante molto forti capaci di produrre parecchi di quegli strani frutti che si vedono qui sotto, grandi come delle grosse arance.
Frutti che per noi umani non risultano essere commestibili ma che risultano comunque molto interessanti per le particolari sostanze che contengono.
Quando si tagliano fuoriesce infatti una specie di latte formato da particolari proteine che, una volta esposte all'aria, si comportano come delle vere e proprie colle.
Queste sostanze sono sotto esame per le loro possibili azioni farmacologiche ma possono anche offrirci uno spunto per pensare. Perché sono proteine e perché formano un latte speciale nei frutti delle Maclure.
Con le proteine, infatti, tutto è possibile: non ci sono limiti. Ovunque noi ci tocchiamo, tanto per fare un esempio, tocchiamo proteine. Anche noi come le Maclure siamo un loro prodotto. 
Mettiamola così. In un alfabeto come il nostro ci sono circa 20 lettere. Componendole possiamo formare un numero illimitato di significati. A loro volta, le proteine sono formate con 20 lettere diverse che, in questo caso, si chiamano aminoacidi. Mettendoli insieme si possono formare molte più sostanze diverse di quanti significati diversi si possono formare con qualunque alfabeto. Non fosse altro per questo: che le parole devono essere comunque formate da poche lettere se no non si riesce a pronunciarle, le proteine non hanno questo limite e quindi possono risultare composte anche da centinaia se non migliaia di aminoacidi.
Risultato: tutti gli innumerevoli pianeti dell'Universo compatibili con la vita potrebbero avere le loro particolari biosfere formate da innumerevoli microorganismi, piante e animali diversi senza per questo esaurire la capacità delle proteine di formare sempre nuove sostanze, sempre nuovi materiali.
Con il legno delle Maclure gli indigeni nordamericani Osage costruivano i loro archi. A loro volta i colonizzatori usarono queste piante dalle lunghe spine per innalzare siepi invalicabili. E, più tardi, ci ricavarono i pali per l'elettrificazione di vasti territori degli Stati Uniti, dato che il legno delle Maclure resiste alle intemperie e all'attacco dei funghi e di altri parassiti. Inoltre, siccome dalla corteccia delle radici si estrae un colorante adatto, lo usarono per tingerci le prime divise dell'esercito americano.

Sono curiosità sulle Maclure. Che però adesso, vedendone i frutti per terra, sappiamo riconoscere.
E' bello inoltre rendersi conto che anche loro, come tutte le altre piante, hanno una storia lunga e complessa, che in modi imprevisti si intreccia con quella umana. La consapevolezza poi che sono una miniera di proteine e di altri composti su cui c'è ancora tanto da sapere è una cosa che contribuisce a formare quella che a volte si definisce saggezza.


venerdì 25 ottobre 2013

UNA QUERCIA PARLA ALLA LUNA

Un nome tu ce l'hai; Luna non può che riferirsi a te perché qui intorno non c'è nessun'altro che te.

Ma Quercia? Quercia è un nome che vale per tutti gli individui della mia specie e anche di più. Quindi io, a differenza di te, un mio nome non ce l'ho. E ne avrei bisogno anche perché, da qualche anno, mi trovo qui isolata in mezzo a delle grandi superfici spoglie.
Allora ho deciso di parlarti, dato che tante notti, quando le nuvole non sono troppe, mi fai compagnia e mi rischiari. 
Lo so che  in te non c'è vita, che sei sterile e come congelata dentro. Eppure - l'ho sentito dire da degli umani che si sono fermati a parlare sotto i miei rami- sei un pezzo di Terra spaccata e staccata da un grande urto un numero immenso di anni fa. Capisco dunque che una storia, anche tu come me ce l'hai e che all'inizio dovevi essere molto più vicina di adesso. Non oso pensare a quali effetti giganteschi provocavi, soprattutto sulle masse liquide terrestri, quando ci stavi quasi addosso! Doveva essere comunque uno spettacolo impressionante  la tua grande presenza in quel cielo antico, anche se magari non c'erano ancora occhi che potessero guardarlo!
Anch'io d'altronde non sono sempre stata come sono adesso: grande, imponente, col mio tronco massiccio e i miei robusti rami che si protendono intorno
Sai, ogni anno faccio una montagna di frutti -che gli umani chiamano ghiande- con la speranza, in tanta massa, che qualcuno riesca ad attecchire e a crescere fino a diventare, come me, una vera quercia.
E' chiaro che un tempo anch'io sono stata una piccola ghianda. Non si direbbe, vero, a vedermi adesso? Fra la mia parte sotterranea e quella esterna, se la misurassimo, ne risulterebbe una massa (non ti parlo di peso se no faremmo confusione) di almeno 30 o 40 tonnellate.
Rispetto agli animali, che tutti, compresi gli umani, devono mangiare e defecare e comunque espellere, la mia forza è che, per poter crescere, mi sono bastate e mi bastano delle rocce sciolte in acqua e un gas che si trova nell'aria.
Forte no? Essere capaci di trasformare la materia morta in materia viva senza miracoli! Se tu avessi l'aria e l'acqua liquida, con una temperatura di conseguenza meno estrema, quasi quasi potrei venire a crescere anche su di te.
Senza animali! Sai che bello!?
E' che qui dove sono, a darmi fastidio non sono tanto i cinghiali o gli scoiattoli che mangiano le mie ghiande o quegli insetti che con le loro punture mi costringono a fargli delle strutture tonde, chiamate galle, in cui crescono le loro larve.

Sono gli umani.
Hanno eliminato i boschi e, al loro posto, coltivano erbe per mangiarne i semi.
Posso capirlo. Quello che non posso capire però è come fanno a far crescere un solo tipo di erba su distese immense di terreno che lavorano così a lungo con le loro macchine. Tu non so se li vedi questi campi, ma ti assicuro che fanno impressione. Erbe di un solo tipo distribuite con un'uniformità che spaventa. Lo stesso tipo di ordine che potresti trovare in certi grandi cimiteri con le loro interminabili file ordinate di identiche tombe. 
Riescono a far morire i semi di tutte le altre erbe. In un modo così sistematico che poi ne può crescere una sola. Usano grandi quantità di quelle cose che chiamano diserbanti, e poi concimi, e poi ancora, per proteggere le innaturali e vulnerabili distese che hanno ottenuto, usano grandi quantità di quelli che sono soliti chiamare fitofarmaci: per avvelenare gli insetti, i funghi.... i batteri... e preservare così integre le loro erbe.
Il fatto è che io sono rimasta sola.
A dirti la verità non so perché mi hanno risparmiata e per quanto continueranno a farlo. Oltretutto, in mezzo come sono a queste distese folli, comincio a sentirne gli effetti. Lo vedo nelle mie foglie e, soprattutto, nelle parti terminali -le più delicate- delle mie radici. E pensa che avevo stretto un accordo con i tartufi e con altri funghi che ci faceva stare bene entrambi. Ma adesso anche loro, per via di quelle cose velenose di cui ti ho appena parlato, mi hanno lasciata.
Te lo confido,  con un po' d'angoscia: sto sempre peggio e ho capito che, anche se sono grande, il mio destino è segnato. Mi toccherà soccombere. Peccato perché, come quercia, avrei potuto vivere qualche centinaio di anni ancora.
Gli umani, pensa, inventori della parola umanesimo, ci hanno sempre uccise per il nostro corpo legnoso che è duro e resistente. Hanno cercato di rendere dolci i nostri frutti per mangiarseli ma, non essendoci mai riusciti, li hanno usati per allevarci maiali da trasformare in prosciutti e in insaccati.
Anni fa qualcuno di loro, più accorto, è venuto in primavera a raccogliere un po' delle mie gemme per farci un preparato che è ottimo per dare vigore.
Cosa vuoi che ti dica cara Luna. la Terra l'hanno presa in mano loro. Ma questi loro davvero non sanno quello che fanno.
Spero di rivederti ancora domani. Tu sei lontana e non so se puoi capire se ti dico cos'è diventato qui per me il futuro. E' solo l'oggi spinto a fatica avanti di un giorno.

domenica 20 ottobre 2013

I FUNGHI 3

Per concludere la panoramica sui funghi, restano alcune cose da dire.
I miceli fungini, sia nelle loro forme macroscopiche che in quelle microscopiche, sono onnipresenti. E onnipresenti sono le spore che questi producono e spargono in atmosfera in quantità esorbitanti attraverso i  corpi fruttiferi che, al momento opportuno, fanno emergere dai substrati in cui si sono infiltrati.
Queste spore, come del resto tutte le cellule riproduttive di tutti i viventi, hanno un mandato genetico: moltiplicarsi per riformare un organismo della stessa specie di quello che le ha prodotte. Un organismo cioè capace di fare le stesse cose, ovvero di inserirsi con lo stesso ruolo nel meccanismo del Mondo.
Innanzitutto i funghi si inseriscono nella decomposizione dei corpi morti di tutti gli altri organismi. C'è una concatenazione in questo e un lavorio incessante che vede coinvolti insieme ai funghi, insetti, larve di insetti, millepiedi, vermi, lumache, limacce, batteri.. Innumerevoli sono gli attori della generale decomposizione, spinta in giù a un livello chimico tale che le piante vive e in crescita, con le ramificazioni terminali delle loro radici, possono assorbire i componenti più elementari per costruire e accrescere i loro corpi complessi in un ciclo complessivo e ripetitivo di vita e di morte.
Se fuori dal suolo gli alberi di una qualunque foresta lottano per la luce con l'espansione e la crescita, nel sottosuolo competono per assorbire acqua e altre sostanze. E' evidente che, a parità di altri fattori, dall'efficienza della loro azione sotterranea dipende quella aerea. Così, certe specie di alberi si sono associate a certe specie di funghi formando ciò che è stata chiamata micorriza (dal greco mykes=fungo e rhiza=radice). Le ife fungine ricoprono le radichette terminali dell'albero di un rivestimento filamentoso finissimo che si estende ulteriormente nell'humus. Querce, faggi, betulle e tante altre specie affini nonché molte conifere hanno le micorrize e i funghi a esse associate sono differenti specie a cappello o sono tartufi. Il sodalizio, formatosi nel corso di milioni di anni di selezione naturale su un'infinità di tentativi, si mantiene ovviamente perché dà luogo a un vantaggio reciproco. Sicché quei funghi prosperano e quegli alberi si ingigantiscono nelle foreste.
Nella panoramica non mancano certo i funghi parassiti. In natura è la varietà vegetale che li limita dato che il loro sviluppo viene impedito dal gran numero di ospiti inadatti che li circondano. Ma con le colture, specialmente con le monocolture il discorso è diverso. Fra il 1845 e il 1849 la carestia provocata in Irlanda da un fungo della classe degli oomiceti, che fece marcire tutte le coltivazioni di patate ( fatte con uno stesso tipo di patata) su cui si reggeva l'alimentazione di quel popolo, fu alla base dei milioni di morti che misero in forse l'esistenza dell'intera nazione.
Le malattie provocate dai funghi sono ora un flagello dell'agricoltura intensiva e dello sfruttamento forestale che difendono la loro innaturale uniformità con tonnellate di veleni. Certi funghi chiamati carboni infettano i semi, crescono con l'ospite, che sembra sano, ma al suo interno è il fungo che si impadronisce della chimica, tanto che ad un certo punto le piante, invece che polline o ovuli, producono spore fungine.
Neanche gli animali si sottraggono ai funghi.
Diverse specie microscopiche sono in grado di attaccare peli, corna, unghie, piume, squame ecc
Sono note polmoniti provocate da funghi ed è nota la pericolosità di mangiare formaggi ammuffiti.
Da ultimo bisogna ricordare i licheni, organismi molto comuni che risultano da un'associazione di alghe e funghi.
Ci sono numerose varietà di alghe, unicellulari e filamentose, che riescono a vivere della poca acqua piovana presente sulle rocce, sui tetti e sulle cortecce degli alberi. Alcune si uniscono con funghi. Le cellule algali crescono e si moltiplicano fra le ife fungine e le inducono a formare strutture compatte e robuste le quali, alla fine, assomigliano a piccole alghe marine che però possono resistere all'essiccamento e riprendere vita quando sono bagnate.
I sottoboschi delle foreste nordiche sono costituiti da un tappeto spesso formato da licheni e le rocce sono spesso incrostate dalle loro formazioni colorate.



sabato 19 ottobre 2013

I FUNGHI 2

Un'informazione utile per chi, con poca esperienza e conoscenza, vuole dilettarsi a raccogliere "funghi" è la seguente: non ci sono funghi che diano avvelenamenti gravi fra quelli che sotto il cappello presentano pori. Ad esempio i boleti e fra i boleti i porcini.

A provocare avvelenamenti gravi se non mortali sono quelle specie che sotto il cappello presentano le lamelle,

oppure sono altre specie che si mostrano con  strutture completamente diverse dai funghi a cappello. Per esempio funghi lisci e ramificati come le Clavarie

oppure funghi che sopra il gambo presentano sommità trabecolate come per esempio le specie incluse nel genere Gyromitra.

Dunque se coi funghi che, una volta sezionati secondo un piano centrale che da sopra a sotto li divide in due metà, mostrano al centro un bel tessuto spugnoso fatto di tanti piccoli tubuli (pori in sezione orizzontale), non si corrono rischi gravi, con tutti gli altri non è consentito sbagliare.
A questo riguardo quando capita di ascoltare i racconti dei vari raccoglitori che basano le loro discriminazioni sui colori e sui luoghi di crescita, c'è da meravigliarsi che siano ancora vivi.
Il riconoscimento deve avvenire su base anatomica. E' necessario conoscere i tratti strutturali caratteristici dei vari generi. E se neppure questo è sufficiente, bisognerebbe fare come gli specialisti che ricorrono all'esame microscopico delle spore.
O si ha la certezza o si lascia perdere.
I funghi non esistono per farci piacere e per farsi mangiare. Esistono e basta e, come noi, anche loro sono un insieme di particolarità chimiche. Alcuni, come le Amanite falloidi,

uccidono perché nella particolarità chimica del loro metabolismo vengono prodotte molecole che interferiscono col nostro. Queste molecole, oltre che letali, sono anche istruttive. Bloccano a livello di ribosomi la catena di montaggio che nelle cellule assembla le proteine. Il lato istruttivo consiste nel capire che le cellule non si possono fermare mai.. Il loro chimismo interno non può essere interrotto. Un  blocco anche momentaneo ed è la morte: tutto quel magnifico sistema si sfalda. La nostra vita, come quella di tutti gli altri viventi, si fonda su un dinamismo interno di decine di migliaia di miliardi di cellule che non ammette sosta.
E' curioso ed emblematico insieme che uno dei corpi fruttiferi più pregiati è proprio una "sorella" dell' Amanita falloide, vale a dire l'Amanita cesarea.

Ci sono poi i casi speciali. Il Cantarello cibario,

conosciuto un po' da tutti come galletto e da tutti apprezzato sembra aver subito in un'area della Francia centrale una mutazione che lo rende velenoso mortale con conseguenze ovviamente disastrose per un viaggiatore-raccoglitore ignaro.
Nella percezione corrente i funghi, queste escrescenze strane, sono là, ogni tanto, comunque lontani da noi,  soprattutto nei boschi e nei prati.
Non la penserebbe così un dermatologo intento a osservare infezioni micotiche della pelle o delle unghie. Né un agricoltore alle prese con la ruggine del grano, o col carbone del mais; e neppure i servizi sanitari alle prese con le gravi intossicazioni provocate dalle farine contaminate da Claviceps purpurea.
D'altronde anche i lieviti sono funghi a cui si deve la fermentazione dei mosti e la lievetazione dei pani; e le muffe, da cui si sono ricavati i primi antibiotici.
Il fatto è che i funghi formano una parte notevole del Mondo e, dunque, partecipano in modo notevole al suo funzionamento. I loro corpi sono sommersi, infiltrati, onnipresenti e noi non li vediamo. Sono macroscopici e microscopici. E sono ovunque. Ai nostri occhi limitati capita ogni tanto di vedere qualche loro sgargiante o curioso, e percettibile, corpo fruttifero.
Mentre invece, oltre ad essere ovunque, riempiono anche ogni dove delle loro spore. Una sola Vescia gigante mette in circolo qualcosa come settemila miliardi di spore. Le spore dei funghi sono piccole, con niente si spargono nell'atmosfera, la riempiono, vi si disperdono. Ed è inevitabile che si posino su di noi e che noi le respiriamo. Sono talmente tante che, se mettessimo insieme le spore emesse da tutti i funghi del pianeta, formerebbero una massa immensa. Si tratta certamente di uno degli sprechi più imponenti del mondo vivente, forse il più imponente di tutti, non essendo ancora chiaro come la catena alimentare animale utilizzi questa enorme manna terricola ricadente dal cielo.

martedì 15 ottobre 2013

I FUNGHI 1

Innanzitutto diciamo che non sono funghi quelli che noi correntemente chiamiamo funghi. La dicitura è comoda ma non fa capire per niente con quali esseri abbiamo a che fare. I funghi derivano dalle alghe marine filamentose, sono alghe filamentose adattate, e quindi trasformate, per vivere sulle terre emerse. Prosperano nei terreni umidi, nei materiali morti che infiltrano formando intrecci sempre più intricati e matasse sempre più grandi  con le loro ife (filamenti) capaci di avvelenare e decomporre per crescere. Sono organismi vegetali per origine che però hanno perso quella capacità fondamentale dei vegetali che è la fotosintesi. Sono esseri infiltranti, estesi ma senza una forma precisa, che in quanto sommersi sfuggono all'occhio ma che, quando trovano le condizioni giuste, per riprodursi, formano degli organi riproduttivi generalmente esterni e visibili. Quindi, noi siamo soliti chiamare funghi quelli che in realtà sono solo gli organi sessuali dei funghi.


Detto questo, per cercare di capirli un po' di più, dobbiamo a nostra volta prepararci a penetrare nel loro mondo sconfinato.
Per comodità al loro corpo è stato dato il nome di micelio, mentre gli organi sessuali che il micelio forma sono stati chiamati corpi fruttiferi. 
I raccoglitori di funghi non sono certo raccoglitori di miceli.
I cappelli a pori o a lamelle, le mensole, le coppe, i tartufi, i sacchetti, le mazze e le macchie polverose sono in realtà corpi fruttiferi costruiti dai rispettivi miceli per disperdere sotto forma di spore il risultato della loro attività vegetativa.


Si può dire che i funghi, con le loro ife, esplorino il mondo morto con più precisione e con più intensità di qualsiasi altro tipo di organismo.
La loro varietà è incredibile. Sono la controparte numerica degli insetti e la spiegazione sta nelle capacità limitate di ogni tipo di ifa, quindi di ogni tipo di micelio, quindi di ogni tipo di fungo.
Diciamo che ogni specie di fungo ha, nelle cellule delle sue ife, un suo limitato ma preciso equipaggiamento chimico. Ora le varie specie di piante verdi che esistono, proprio perché specie diverse, differiscono chimicamente fra loro. Ma non è tutto: nell'ambito di una stessa specie differiscono ancora chimicamente fra loro le varie parti che le compongono. Risultato: tanto sono specializzati i funghi nelle loro capacità decompositive che vi sono tante specie di funghi quante sono le specie di piante moltiplicate per il numero delle loro parti. E il numero è enorme.
I miceli fungini possono raggiungere grandi dimensioni. Quello della Vescia gigante (capace di formare un grande e bianco corpo fruttifero a forma di palla), per esempio, infiltrando le radici morte delle erbe dei prati, può estendersi per una superficie superiore a quella di un campo di calcio. Riesce a farlo in due o tre secoli di vita.

Viceversa il micelio di un piccolo fungo a cappello può limitarsi a una foglia, o a un picciolo, o a un frammento di corteccia....
Quello di una muffa microscopica a una frazione dei frammenti precedenti..
Tutto ciò che muore viene decomposto con una precisione e con una minuzia incredibili. Nel pianeta in cui viviamo i funghi giocano una parte fondamentale in questo apparato che smantella le sostanze resistenti e complesse dei corpi morti riducendole ai loro componenti semplici. E' il solo modo per far sì che la morte possa funzionare da base per rilanciare la vita.

lunedì 14 ottobre 2013

ANCHE LE PIANTE SONO MORTALI

In generale in un bosco selvaggio vi è tanta materia morta, sul suolo, in piedi o ancora attaccata alle piante quanta ve ne è di viva.
Se si prescinde da fulmini, incendi e aggressioni varie, non si capisce chiaramente né perché né come un albero debba morire.
Mentre noi animali invecchiamo uniformemente, gli alberi continuano ad occupare l'ambiente che li circonda. Le loro estremità, a differenza delle nostre, non smettono mai di crescere e i loro tronchi continuano ad allargarsi mediante ispessimento secondario attorno alla parte interna che continua a morire.
Certo un fattore limitante è l'altezza a cui l'acqua dalle radici può essere portata alle foglie; un altro, è la distanza a cui il nutrimento dalle foglie può essere portato alle radici. Sta di fatto che, ad un certo punto, anche per ogni pianta comincia il declino.
Il ventaglio delle possibilità è tuttavia davvero ampio.
Cinquemila anni di durata e un'altezza di poco superiore ai 100 metri sono i record rispettivamente raggiunti dagli alberi. Mentre certe palme rampicanti sono arrivate a svilupparsi per una lunghezza di 180 metri.
Rispetto ai grandi alberi, gli alberi bassi e i cespugli hanno vita più breve. A loro volta le erbe possono convertire tutte le loro riserve in fiori e in semi ed esaurirsi in una sola stagione. Esistono palme, bambù e altre piante come le agavi che muoiono dopo un'unica grande fruttificazione. Un albero tropicale della stessa famiglia dell'arancio cresce fino a una quindicina di metri d'altezza e fiorisce una sola volta per poi morire. Il modo e il motivo della morte naturale delle piante sono temi poco esplorati.
Forse val la pena ricordare che gli organismi di cui stiamo parlando sono società organizzate di migliaia di miliardi di cellule. E che, come noi, anche loro sono strutture enormemente complesse che reggono la loro continuità sulla base di un rigoroso, finissimo, ordine interno, che riguarda tanto le cellule di cui sono fatte quanto le interazioni fra queste cellule. Queste strutture, tutte le strutture viventi, devono anzitutto, istante dopo istante riprodurre se stesse. Ed è proprio nel corso di un tale riprodursi che, inevitabilmente accadono errori, errori che col tempo si accumulano finendo per comprometterne il funzionamento.
Se questo è vero in generale e spiega (in accordo col secondo principio della termodinamica) perché in generale gli organismi muoiono è altrettanto vero che non spiega le loro morti particolari.
Non è sbagliato quindi pensare che, dovendo morire, ogni specie si sia "scelta" il proprio modo per morire.


sabato 12 ottobre 2013

BARDANA MAGGIORE

La specie di piante che è individuata  dalla dicitura "Arctium Lappa" è nota anche come Bardana maggiore. In realtà la denominazione "Arctium Lappa" si appiccica a delle belle piante spontanee, resistenti e adattabili, che vivono come popolazioni numerose su vasti territori.
Quelli di noi che sono stati giovani quando ancora c'era un rapporto stretto con la campagna o quelli che questo rapporto ce l'hanno ancora, non possono non ricordare le Bardane: con le loro ampie foglie verdi dall'odore intenso e, soprattutto, con quei loro frutti che, quando sono "pronti", si appiccicano saldamente ai mantelli di pelo o di altri tessuti e, pertanto, anche alla maggior parte dei nostri vestiti.
Chi non li ha mai tirati addosso questi  frutti uncinati delle Bardane (che si dice abbiano ispirato l'invenzione delle cerniere lampo)  per provocazione o per gioco ai suoi o alle sue compagne? E quale possessore di cani (in particolare se a pelo lungo), dopo averli fatti scorrazzare d'estate o in autunno su terreni incolti, non ha mai dovuto tirare fuori tutta la sua pazienza per liberargli il manto dalla loro presa?

L'aspetto generale della cosa prende il nome di DISPERSIONE. Le Bardane, essendo impossibilitate a spostarsi come tutte le altre piante, affrontano la necessità inderogabile di diffondere la propria progenie con un loro specifico meccanismo: agganciare saldamente i loro frutti al pelo dei mammiferi per assicurarsi un trasporto "lungo" e perciò una dispersione "ampia" dei propri semi.
Ovvio che questo loro modo non è che un possibile modo. Altre piante, per ottenere lo stesso risultato, si assegnano al vento, agli uccelli, ai fiumi o agli oceani o i propri semi al momento giusto addirittura li sparano... Insomma c'è una varietà davvero ampia di modalità dispersive e, per interpretarle, c'è una varietà sconfinata di forme e di strutture (soprattutto dei semi) adatte allo scopo.
Le piante di Bardana interessano per gli effetti benefici (quindi curativi) che possono avere su di noi quando le adoperiamo e per gli utilizzi gastronomici che se ne possono fare.
Per quanto riguarda gli effetti curativi -e questo vale per tutte le piante- è bene concentrarsi sui soli effetti principali, convalidati dalla ricerca e dall'esperienza, tralasciando quelli ipotetici o secondari, altrimenti si rischia di creare una gran confusione. A leggere certi libri sembra infatti che le piante facciano sempre bene e che tutte facciano bene per tutto.
Dunque le piante di Bardana maggiore (Arctium lappa) possono svolgere anzitutto un'azione depurativa. Permettono cioè di disintossicare, eliminare tossine. Le drenano fuori agendo su fegato, reni, intestino e pelle. In fondo le principali "vie d'uscita" dal corpo sono evidenti: urina, feci, sudore e secrezioni della pelle. Dunque, blando potenziamento dell'attività epatica, della secrezione biliare, della diuresi, del transito intestinale e accrescimento secretivo delle ghiandole sudoripare e migliore regolazione della secrezione sebacea: tutto questo le piante di Bardana possono farlo. Sono conosciute da sempre come potenti depurativi con in più un'interessante azione ipoglicemizzante, ipocolesterolemizzante e antibiotica.
Insomma, con le Bardane oltre a espellere tossine ci si può abbassare sia la glicemia sia il colesterolo.
Per quanto riguarda l'azione antibiotica, già nel 1929 il medico genovese C.Gibelli studiò in questo senso l'azione delle muffe e di molte piante tra cui le bardane di cui mise i semi a germogliare in acqua. Si rese conto che l'acqua in cui germogliavano questi semi assumeva proprietà batteriostatiche paragonabili a quelle evidenziate nei terreni di coltura delle muffe. Col ché appurò che l'uso popolare delle Bardane nelle foruncolosi ed in altre dermatosi non era privo di fondamento.
Per i preparati (decotti, tinture, vini medicati, amari ecc)  si usa tutta la pianta, quindi anche la radice.
Con la radice, polverizzata e unita a burro acqua e sale si facevano in passato dei biscotti raccomandati per i diabetici.
Le foglie più tenere, prima che diventino troppo amare possono essere aggiunte alle zuppe o utilizzate nelle frittate; invece, una volta seccate, pare che si prestino anche ad essere fumate, insieme a quelle di biancospino e di "Tasso barbasso"..





lunedì 23 settembre 2013

LE BASI 2: DIATOMEE

Della triade formata coi Dinoflagellati e i Coccolitofori, le Diatomee (100.000 specie classificate) costituiscono la componente principale.
Sono piante microscopiche, invisibili ad occhio nudo, che proteggono la loro fragile complessità di cellule con dei gusci artisticamente perforati e trasparenti a base di silice.


Le loro fioriture oceaniche sono immense. Facilmente visibili dai satelliti, arrivano ad occupare 1/10 della superficie degli oceani. Sostengono in gran parte tutta la catena alimentare degli organismi che popolano i mari e, nell'insieme sono talmente imponenti che 1/4 addirittura dell'ossigeno che respiriamo lo dobbiamo a loro.
Il bello della storia è che la loro esplosione è dovuta ad un altro grandioso evento che ha avuto luogo sulle terre emerse: ovvero alla formazione, avvenuta qualche milione di anni fa, di immense praterie che hanno preso il posto di altrettante immense foreste.
In fondo un'erba (una pianta erbacea) può essere considerata un albero mal riuscito. Di un albero non ha né l'imponenza, né la resistenza. Eppure le erbe hanno supplito la loro piccolezza col numero e con due armi micidiali: un migliore utilizzo dell'anidride carbonica e un essiccamento a maturazione soggetto a una grande infiammabilità capace come tale di far abbrustolire gli alberi mantenendo invece vive le proprie parti sotterranee. Subito pronte a ricrescere.
In questo modo si sono formate immense praterie continentali.
Una vera pacchia per le mandrie di erbivori.
Senonché le erbe delle praterie hanno imparato (per selezione) a diventare resistenti. E lo hanno fatto assorbendo Silicio dal terreno per incorporarlo come cristalli e come aghi nelle loro foglie.
Così facendo, con questa loro arma usuradenti,  hanno decretato l'estinzione di circa il 50% delle specie di erbivori determinando l'affermarsi di specie via via meglio attrezzate: dotate di denti più massicci, più resistenti e anche a crescita continua come accade per le unghie.
Risultato: milioni e milioni di tonnellate di escrementi contenenti silice hanno cominciato ad affluire attraverso i fiumi nei mari e hanno permesso alle Diatomee di diventare numericamente immense.
Che intrecci! Che legami abbiamo anche noi con questi intrecci!
Sono legami di fondo, diciamo di base. Il problema (e il dramma) è che - come ho già detto nel post precedente- chi più parla, specialmente ai giovani, non parla mai delle basi reali della loro e della nostra esistenza.


domenica 22 settembre 2013

LE BASI 1

Può sembrare una banalità dire che le strutture grandi che formano "il Mondo" sono fatte di strutture meno grandi che sono fatte di strutture ancore meno grandi e così via. E' poi vero che ciò che riguarda diciamo così l'ANATOMIA delle cose vale non di meno per la loro FISIOLOGIA e cioè per il loro funzionamento.
A questo proposito si può prendere ad esempio una delle basi della vita nel pianeta Terra. Mi riferisco al plancton marino, ovviamente vegetale e cioè fotosintetico da cui dipende tutta la vita degli oceani quindi, più o meno direttamente, anche la nostra.
Stiamo parlando di minuscoli esseri unicellulari, neanche singolarmente visibili, che fluttuano nelle acque. Microscopici, ma che, nell'insieme, formano una massa che supera di gran lunga la massa costituita da tutti gli altri esseri che vivono nei mari e che, uno dopo l'altro, direttamente o indirettamente  se ne nutrono.
Tre sono i loro grandi gruppi dalle forme spesso sorprendenti: Diatomee, Coccolitofori, Dinoflagellati.

Ovviamente, per costruirsi e per moltiplicarsi in massa come fanno, hanno bisogno di sostanze semplici che devono trovarsi disciolte nelle acque degli oceani. Le moderne piante coi fiori, con la facile degradabilità  delle loro parti morte (foglie, rami, ecc) apportano, insieme al dilavamento delle terre emerse e alle correnti oceaniche in risalita, gli elementi semplici che gli abbisognano.
Tanto per fare un esempio le fioriture di una sola particolare specie di coccolitoforo possono coprire aree di oltre 100.000 kmq (1/3 dell'Italia) e, tra l'altro, produrre quantità significative di una sostanza che fa da seme per la formazione delle nuvole..
Insomma le interdipendenze sono tante e tutte le strutture sono legate le une con le altre. Ciò che bisogna conoscere, o meglio, che ha senso conoscere, è la trama complessa di questi legami. Se il fitoplancton prospera prospera anche la vita marina. Se c'è deforestazione in atto, e ce n'è tanta, la cosa deprime la vita marina perché deprime il fitoplancton.....
Per non sragionare non bisognerebbe mai perdere di vista quelle che sono le basi reali della nostra esistenza.
Se, per esempio, tanto per riferirsi alle basi, la grande produzione di anidride carbonica che stiamo gettando in atmosfera acidificasse i mari e i coccolitofori, che hanno un guscio calcareo, non riuscissero più a formarlo...cosa succederebbe?
Data la "cultura" dominante la risposta certa sarebbe "E chi se ne frega dei cocco...litofori, delle diatomee e dei dinoflagellati... Che roba è ?"
Certo queste "robe" non interessano culturalmente una società del mondo, come quella umana che, con tutti i suoi miti, i suoi Guru e i suoi Pastori, continua a coltivare delle teste destinate a sragionare perché continuano di fatto a sentirsi fuori dal mondo.

giovedì 19 settembre 2013

IDENTITA'

Sono seduto al centro del piccolo giardino di un mio amico. Sono io che gli ho trasmesso la passione per le piante. Così, tutt'intorno, mi ritrovo varie "aromatiche" che ha preso da me. Un Elicriso, una Ruta, un Rosmarino, una Lavanda, una Santolina, una Salvia comune, una Salvia sclarea, un Assenzio, una Maggiorana, una Melissa....., una Calendula.
Da ognuna prendo una foglia. Con ordine: da una pianta all'altra.
Tutte emanano odori intensi, forti, penetranti. Alcuni decisamente gradevoli, persino inebrianti. La distinzione degli odori è netta. Ciascuno sembra forte e intenso che più non si può. E invece il successivo procura la stessa decisa impressione. E' evidente: la forza del loro odore non è che l'espressione della forza della loro identità. Un'identità di universi biologici e chimici distinti, impegnati, ciascuno con i suoi specifici mezzi, nella lotta per la vita.
Che sia quella del naso una via per rendersene conto?

domenica 25 agosto 2013

COM'E' GRANDE IL MARE !

Com'è grande il mare! E com'è antico il mare!
Certo è che tutte le piante terricole (dico terricole e non terrestri perché terrestri lo sono anche quelle marine) sono piante marine trasformate. Per la precisione alghe che sono riuscite a sopravvivere fuori dall'acqua salata.
Nell'acqua le alghe non hanno bisogno di sostegno e non devono procurarsi acqua e sali minerali perché ci vivono immerse. Gli basta ancorarsi, fluttuare con le onde o resistergli e assorbire da tutta la loro superficie.
Alle loro discendenti terricole serve invece il sostegno legnoso, un apparato drenante per succhiare acqua dal terreno e restarvi solidamente impiantate, un'impermealizzazione di contorno per non disperderla, un sistema di vasi conduttori per portare acqua dalle radici alle foglie e zuccheri e altre sostanze elaborate dalle foglie alle radici.
Gli specialisti di botanica vi dimostrerebbero nei dettagli come l'anatomia delle piante terricole si sia edificata sulla base dell'anatomia delle piante marine.
Le nostre piante, quelle che ci circondano, sono letteralmente delle stupende alghe nel vento.
E il mare sono riuscite a portarselo dentro. A riformarselo dentro. Nelle concentrazioni saline dei loro liquidi interni. Come noi del resto.
La storia è un seguito ininterrotto di trasformazioni, ma lungo un filo che non può né interrompersi né contraddirsi.
Miliardi di anni fa le prime cellule si sono formate chimicamente nel mare.
Per miliardi di anni hanno continuato ad evolversi nel mare e hanno imposto a tutte le cellule di tutti  gli esseri di questo pianeta di continuare a essere circondate dal mare.
Non a caso anche il  sangue umano ha quella stessa identica concentrazione salina.
E questo è il vero "mare nostrum".
Quali esseri terricoli, attuali e transitori, noi umani dovremmo cominciare a vederci per quello che siamo.


lunedì 19 agosto 2013

DEBITORI INSOLVENTI

Debitori insolventi non paghiamo il nostro debito esistenziale con le piante.
Anzi, accecati dai nostri miti  e quindi forti nell'arte del saccheggio, stiamo tagliando dalla parte del tronco il ramo su cui siamo seduti.
L'evoluzione della nostra "famiglia" è avvenuta nelle foreste fra i rami degli alberi, ma poi, anche le erbe hanno giocato per noi un ruolo non meno essenziale.
L'adattamento alla savana ha infatti portato i nostri predecessori diretti alla stazione eretta.
E' dalla conquista di questa particolare postura  imposta dall'ambiente (basata anzitutto sulle modifiche del piede e del bacino)  -e solo da tale conquista- che ha potuto avere inizio la nostra storia speciale.
Molto più tardi, le piante erbacee sono state ancora una volta alla base di un'altra nostra rivoluzione, questa volta economica.
La scoperta della loro coltivabilità, infatti, insieme alla diffusione delle pratiche che vi sono connesse, hanno consentito la nascita dell'agricoltura e quindi la formazione di quei surplus alimentari su cui si è fondata la crescita numerica della nostra specie insieme alla formazione di tutti quegli aggregati che chiamiamo urbani.

giovedì 25 luglio 2013

STROMATOLITES

O Sole mio!! Il Sole.
Si fa per dire..o per cantare...
Ma se proprio, psicologicamente parlando, il Sole dev'essere di qualcuno, direi che è piuttosto delle piante (microscopiche e no) che nostro.
Immenso, tanto grande da contenere -non si direbbe- 3.000.000 di Terre, il Sole è una struttura (si chiama Stella) sede di un'esplosione che annichila ogni secondo 4.600 tonnellate di materia spargendo intorno a sé, da miliardi di anni, un'enormità di radiazioni.
E intorno alla stella Sole, guarda caso, c'è anche la Terra.
Qui, più di 3 miliardi di anni fa, delle cellule batteriche sono riuscite a strutturarsi in modo da sfruttare una frazione della radiazione solare per vivere.
Fu LA GRANDE SVOLTA.
La fonte energetica era enorme, praticamente inesauribile.
E la vita poté esplodere.
I mari si riempirono di questi batteri che, tipicamente, si aggregarono in formazioni stratificate chiamate STROMATOLITI, del tipo di quelle raffigurate.
Fu un fenomeno globale.
Il prodotto di scarto di quelle formazioni era un gas tossico: l'ossigeno.
Lo diffusero nei mari e poi, una volta saturati i mari, fecero altrettanto con l'atmosfera.
E così noi, che respiriamo appunto ossigeno, possiamo viverci.
E' certo che, senza di loro, senza la loro attività vitale, noi non ci saremmo.
Ed è anche certo che la storia e l'immagine delle stromatoliti e dei cianobatteri che le formarono, dovrebbero essere presenti e note a tutti. Formare una consapevolezza generale, a cominciare dai giovani.
Ma così non è.
Noto a tutti c'è invece un innaturale mito umanizzato di Creazione.
C'è da chiedersi dove sta l'impostura.
E perché mai alla storia reale la nostra specie preferisca inesorabilmente una facile e tranquillizzante storia virtuale.


venerdì 19 luglio 2013

ATTRAZIONE e BELLEZZA

I fiori sono organi sessuali.
Quindi, un omaggio floreale, soprattutto se di fiori appariscenti, è un omaggio sessuale: un inno alla vita e un invito alla passione.
Come organi sessuali di organismi che non possono spostarsi, i fiori che hanno invece bisogno, per agire, di organismi che si spostano, hanno imparato a essere attraenti.
Ed è in questa loro corsa al richiamo che si son fatti "belli".
Che siano state le piante coi fiori a inventare la bellezza ?
Certo la nostra specie si è sempre dimostrata molto sensibile al loro fascino, al punto che quando qualcuno ne risulta indifferente, gli psichiatri dicono che è un depresso clinico: uno insomma che non sta bene quanto a salute mentale.
All'opposto,  bisogna anche dire che la passione per i fiori ha spinto a commettere vere e proprie follie.
Un esempio è quanto successe in Europa, ma soprattutto nella prospera e concreta società olandese, fra il 1634 e il 1637.
Si trattò di un vero e proprio delirio degli olandesi per un certo tipo di tulipani.
In quel periodo un singolo bulbo di quei tulipani arrivò a valere anche 10.000 fiorini: il costo di una delle più belle case di Amsterdam.
Un ammattimento generale che mise in forse l'equilibrio della società olandese e portò molte famiglie alla rovina.
In una società rigidamente calvinista come quella olandese, i puritani osteggiavano i fiori.. ( I puritani hanno sempre molte cose belle e vitali da osteggiare ) E, in genere, le piante venivano salvate dai loro strali in forza della loro utilità: come spezie, medicamenti, materiali da costruzione, cibi...ecc.
Ma i tulipani, nonostante tutti gli sforzi per trovar loro un impiego, non ne avevano nessuno che poteva dirsi utile. Non profumavano nemmeno.
Fecero impazzire gli olandesi unicamente per la loro bellezza. Ed è chiaro ai nostri  occhi  che, inconsciamente, tutti quei buoni cittadini repressi, impazzirono al tempo stesso per il significato simbolico (dunque sessuale) di quella bellezza.

lunedì 15 luglio 2013

I PRODUTTORI

Le Piante sono giustamente indicate come Produttori.
In realtà le Piante, in quanto Esseri vegetali, sono Formatrici di materia organica a partire da quella inorganica. Sono loro che formano la Base di tutti i possibili e complessi  insiemi viventi.
Nella Biosfera della Terra le Piante esistono in centinaia di migliaia di specie.
E' stupefacente vederle nella loro diversità ed è altrettanto stupefacente scorgere l'uniformità che sottende a tutto il dispiegarsi della loro multiformità.
In ogni e qualunque ecosistema, infatti, della Terra o di qualunque altro per noi ancora ignoto Pianeta, i Produttori sono d'obbligo. E ai Produttori, poiché e in quanto esistono, si accompagnano inevitabilmente i cosiddetti Consumatori e i cosiddetti Decompositori. Questa terna costituisce lo schema che sta alla base di ogni possibile ambiente che contiene la vita. Non importa quanti tipi di Produttori ci siano, e quanti Consumatori: erbivori, carnivori, di primo di secondo grado, corridori o nuotatori… ; e quante centinaia o migliaia di Decompositori: dai detritivori ai funghi macroscopici e microscopici, agli acari, ai nematodi o ai più semplici batteri per non parlare dei virus batteriofagi. Lo schema ovunque sarà sempre lo stesso: PRODUTTORI-CONSUMATORI-DECOMPOSITORI.
E' appunto lo schema della vita. Dove l’energia fluisce e la materia circola. Un’universale struttura trina, che non è  la trinità, ma è  la matrice vera entro la quale si svolge e si compie la nostra, come ogni altra possibile esistenza.

giovedì 4 luglio 2013

I PAPAVERI...

I Papaveri. I Papaveri comuni, quelli dei campi di grano....  I papaveri di Monet e i papaveri, anch'essi rappresentati su tela dai Macchiaioli.
Belle piante. Soprattutto piante della memoria.
Annuali, ma resistenti e persistenti. Presenti negli incolti e immancabili nelle colture, specialmente in quelle di frumento di cui sono solite rompere la monotonia dorata delle spighe mature coi loro petali rosso-sangue. Eppure oggi si può assistere con sempre maggiore frequenza  a colture immense dove a colpire è l'assenza totale dei papaveri e di ogni altra pianta che non sia quella coltivata.
Si tratta di un Ordine e di una Uniformità che, lo sappiamo, sono non solo innaturali ma anche insani.
Coi petali delicati dei papaveri, seccati e polverizzati, un tempo le donne si coloravano le labbra. 
Ci si tingevano i vini e il loro infuso funziona ancora come leggero sedativo.
In primavera, ben prima che fioriscano, si raccolgono le piante di papavero per comporre delle sane e saporite insalate.
Tuttavia la storia dei papaveri non finisce con quelli comuni. Anzi.
Altre specie del genere Papaver, la somniferum in particolare, produce sostanze che si sono dimostrate capaci di interferire profondamente con le cellule del nostro sistema nervoso. Si trovano nelle loro foglie ma, soprattutto, nelle capsule che contengono i semi.
E' il lattice appiccicoso e bianco delle capsule immature, infatti (che si chiama oppio) a contenere una ventina di attivissime specie molecolari capaci di interferire con la nostra esistenza.
Cerchiamo il piacere e rifuggiamo il dolore. Questo è normale. Ma quando dobbiamo subirlo, il dolore, allora sì che la vita diventa invivibile. Non servono né le parole, né le invocazioni, né i riti più o meno sanciti. Ed è allora che l'oppio, questa materia erbacea, diventa prezioso. Per questo il suo uso si perde nella notte dei tempi. L'oppio è  calmante, rilassa i muscoli, riduce l'ansia e, a seconda della dose, produce uno stato ipnotico di distacco e di abbandono... E crea dipendenza..una dipendenza che rende schiavi.
Per l'oppio si sono fatte delle guerre e con l'oppio (al posto dell'alcol) si continuano a fare.
L'impero cinese voleva farne un uso limitato, a scopo esclusivamente terapeutico;  l'impero britannico, da parte sua, dopo che si era impossessato delle piantagioni di papaveri in India, voleva vendere oppio ai cinesi. Dopotutto si trattava di una merce con cui la Compagnia delle Indie poteva risanare i suoi bilanci (I suoi Spread).
E così, la bigotta Inghilterra vittoriana, con vero spirito missionario, si imbarcò in due guerre sanguinose contro i cinesi, dal 1839 al 1842 e dal 1856 al 1860, per poter avere la libertà di far consumare oppio ai cinesi...
Chissà perché la morale non c'è nella Storia e tutti pretendono di spiegare la Storia con la Morale!!
Gli americani si sono scannati in una Guerra civile più crudele e sanguinaria che mai... La ragione? Morale ovviamente: liberare i negri dalla schiavitù dei sudisti!!!
Oggi l'Economia globale delle nostre Società Morali trova due dei suoi maggiori pilastri in due tipi di piante: i papaveri da oppio e le piante di coca.
Che razza di intreccio fra mondo vegetale e mondo animale.. munito di Morale! 



giovedì 20 giugno 2013

GLI STRAMONI

Datura stramonium. Gli stramoni.
Il nome Datura sta a indicare numerose specie a loro volta costituite da popolazioni ricche di varianti locali,
spesso coltivate per l'avvenenza dei loro fiori.
Tutte le specie del genere Datura sono da considerarsi velenose. Gli stramoni sono fra quelle più note. Anche perché tutto ciò che è velenoso lo è in funzione della dose e, se conosciuto, può essere utilmente usato. Così, per esempio, le foglie di stramonio sono state impiegate con successo (perché oggi non più?) per curare le crisi asmatiche sotto forma di sigarette, come dimostra l'immagine che segue.
Le sostanze responsabili delle attività farmacologiche degli stramoni sono narcotiche e agiscono deprimendo e alterando il sistema nervoso dei mammiferi, quindi anche il nostro.
La loro concentrazione maggiore si trova nei frutti.
In passato si depredavano i viaggiatori facendo bere loro del vino mescolato a un decotto di frutti di stramonio. E le vittime non sempre si risvegliavano.
Bisogna dire che, a loro modo, le piante del genere Datura hanno trovato delle buone armi per evitare di essere brucate.
Nell'antica Roma lo stramonio era ben noto.
La storia è questa. Le spose di classe agiata, in quanto donne, godevano di ben pochi privilegi rispetto ai loro mariti. Se chiedevano il divorzio tutti i beni restavano per legge al maschio. Solo rimanendo vedove miglioravano in tutto e per tutto la loro condizione: diventando padrone di casa, disponendo dei beni e delle attività del defunto.
Così, molte di loro scelsero la via delle "vedove addolorate".
Ed ecco lo stramonio. Serviva una schiava consenziente che sapesse intrattenere sessualmente il marito usando nel corso delle pratiche amorose un unguento a base....guarda caso di.... stramonio.
Con la scusa di ungergli il pene per prepararlo ad una migliore penetrazione o per rendere più piacevole una masturbazione, con un gioco erotico astutamente prolungato, la donna riusciva a fargli assorbire la giusta dose di veleno attraverso le mucose.. e il piano otteneva il suo effetto.
Sta di fatto che le vedovanze romane aumentarono così tanto che i legislatori si videro obbligati a intervenire per risistemare legalmente l'intera materia.
Pensa te lo stramonio!

lunedì 17 giugno 2013

LE PIANTE ODIANO IL SINGOLARE

Le piante odiano il singolare.
Non si può dire che si mettano le mani nei capelli quando sentono gli adulti umani parlare ai loro figli con frasi del tipo La Mela, La Patata, Il Pomodoro o anche La Mucca, Il Cane ecc, ma certamente, se potessero, si metterebbero i rami nelle foglie!
Questo perché la vita è varietà e variazione: E negarlo col singolare è accettare di mutilarsi la mente.
Come si può infatti dar conto della molteplicità rinunciando al plurale?
Sentite questa descrizione: "Ci sono patate dalla carne bianca, gialla, rosea, rossa, marrone, verde, purpurea, arancione, nera e macchiata o striata in varie tinte; patate d'ogni concepibile grossezza e forma, talune lucenti come pomodori, altre scabre come rospi. Vi sono patate immangiabili finché non sono gelate, patate con piante alte più di un metro, patate le cui piante strisciano a terra con viticci... patate che sono barometri viventi ...."
Più di tremila tipologie di patate... E ciò che vale per le patate, vale per i mais, per le mele, per le salvie (bisognerebbe essere consapevoli per esempio che con la parola salvia noi ci riferiamo ad almeno 700 diverse specie alle quali dovremmo aggiungere le varietà che esistono nell'ambito di ogni singola specie..) per qualunque altra forma vivente.
E allora perché il singolare? Perché non abbandonarlo il più in fretta possibile?
Forse a far paura, a mettere in difficoltà è l'idea stessa di molteplicità.Come facciamo a dominarla mentalmente? Sopratutto quando è così vasta, sconfinata?
Meglio allora pensare al singolare. E' più rassicurante. E' meno impegnativo.
Dopotutto l'Agricoltura moderna, quella della Grande Industria, sta eliminando le varietà. E, in questo, si è dimostrata una grande alleata del Singolare.
Ha creato ambienti artificiali in cui viene coltivata una sola specie per tipo: una popolazione formata da milioni o da miliardi di identici cloni. Mostri ecologici insostenibili e tuttavia sostenuti in tutto il pianeta con milioni di tonnellate di veleni.
Una strategia di uniformità, la sua, che si sposa con una certa idea di produttività. A essere esagerati viene da chiedersi se si stia muovendo in accordo con una Cultura per la quale il tutto è  Uno. Un Uno che spiega tutto, che consente di ridurre tutta la molteplicità a se stesso. Un Uno che, al massimo, può essere concepito come trino. Restando Uno.

mercoledì 5 giugno 2013

ORTICHE

C'è un'ottima ricetta che comporta l'utilizzo di  piante molto diffuse e a tutti note come lo sono per l'appunto le ortiche. ..... le ortiche comuni, si intende, quelle che vengono indicate collettivamente con la denominazione di Urtica dioica (...Dioiche perché esistono come individui con soli fiori maschili e individui con soli fiori femminili: e cioè come   maschi e come femmine)
Sono  piante perenni che vanno distinte da altre ortiche, annuali, di taglia minore, più pungenti e non dioiche denominate Urtica urens.  I loro fiori passano inosservati perché sono piante che come vettore per la propria riproduzione si affidano al vento e quindi non hanno bisogno di organi sessuali appariscenti, strutturati per essere visti.

Ne consegue che quando un gruppo di piante che, a giudicare dalle foglie, sembrano ortiche ma presentano dei bei fiori evidenti e colorati, si possono toccare tranquillamente perché non sono ortiche.
Queste ultime si sono dotate di innumerevoli peli urticanti come arma di dissuasione nei confronti degli erbivori. Sulla nostra tenera e scoperta pelle agiscono che è una meravilgia!! E' solo un esempio dei moltissimi stratagemmi scoperti dalle piante per cercare di non farsi mangiare...
In passato le ortiche si usavano per produrre dei tessuti resistenti e compatibili. Ci sono aziende che ancora oggi li producono.
Sulle proprietà medicinali delle ortiche sarà bene ritornarci, basti dire che le loro radici, raccolte all'inizio della primavera, risultano ottime per curare le patologie infiammatorie della prostata.
Ma veniamo alla ricetta premettendo che ci si deve munire di guanti, si devono raccogliere le sole cime di piante ancora giovani e si deve scegliere un luogo di crescita che sia sano.

ZUPPA DI ORTICHE
Sciogliere 50 grammi di burro. Aggiungere 400 grammi di giovani cime di ortica e cuocere a fuoco lento per 10 minuti. Versare 900 cc di latte e far sobbollire per altri 10 minuti. Frullare, rimettere in pentola, condire con sale e pepe, riscaldare e ...poi godersi quest'ottimo, nutriente, salutare  piatto.

domenica 2 giugno 2013

RICINUS

Se non è una bella pianta, è decisamente una pianta interessante, che attrae l'attenzione, per il suo portamento, per le sue grandi foglie di un verde bronzeo e, soprattutto, per le sue infiorescenze di un rosso intenso dove i fiori femminili (in alto) sono separati da quelli maschili (in basso).


Si tratta del Ricino: dell'immagine di un bell'esemplare di Ricinus communis.
Giustamente "communis" perché si trova un po' dappertutto, diffusissimo nelle aree del bacino mediterraneo allo stato spontaneo e, anche, massicciamente coltivato per i suoi semi in India, Cina e Brasile.
Di questi, se ne producono (India in testa) più di un milione di tonnellate all'anno.
Per estrarne, rigorosamente tramite spremitura a freddo, l'olio appunto di ricino, ritenuto prezioso come lubrificante e, anche, indispensabile componente di prodotti cosmetici da inserire nei preparati antirughe dato il suo forte potere idratante. Se per esempio vi è capitato, al passaggio di qualche moto potente, di sentire un odore insolito è quasi certamente per l'aggiunta di olio di ricino al sistema di lubrificazione del motore. Se nei componenti di prodotti cosmetici leggete che c'è il ricino è adesso possibile sapere il perché.
Durante il ventennio fascista si costringevano gli avversari politici a bere l'olio di ricino a bicchieri. La sua azione, in questo caso, è quella di un purgante energico, ma è anche talmente disgustoso che, il doverlo bere, equivale (è il risultato che si voleva ottenere) a una vera tortura.
Tuttavia, in questi giorni il Ricino è stato chiamato in causa per altre ragioni: e precisamente per degli attentati alla vita di Obama, di alcuni membri del Senato americano e del sindaco di New York, Bloomberg.
Com'è possibile? E' possibile perché dai semi di ricino, una volta spremuto l'olio, si può estrarre la ricina, una proteina estremamente velenosa che, una volta cristallizzata, può essere polverizzata.
In pratica sulle lettere indirizzate a Obama era stata sparsa ricina polverizzata.. e gli sarebbe stato sufficiente respirarne un po' per morire.
Un po'? Quantità irrisorie, perché il veleno è potentissimo e perché alla sua azione non esiste antidoto.
Bisogna ammettere che le piante possono essere veramente attive!!
Ce ne sono altre, oltre al ricino, che producono veleni potentissimi come ad esempio la pianta del fagiolo precatory (Abrus precatorius) e, in generale, bisogna dire che i veleni di origine vegetale sono tantissimi.
Tornando al Ricino, se ne parlò pubblicamente per certi fatti di cronaca nel 1978 quando, con un meccanismo pneumatico, camuffato in un ombrello che poteva sparare piccole schegge di legno, sul ponte di Waterloo a Londra, fu ucciso lo scrittore bulgaro dissidente Georgi Markov. Naturalmente la minuscola scheggia di legno con cui fu ucciso quasi senza lasciare traccia era intrisa di ricina.
Oggi, data la massiccia diffusione mondiale del ricino, si teme per un uso terroristico del suo veleno.
Intanto sul piano medico, come accade per tanti altri veleni, si stanno sfruttando alcune caratteristiche della ricina per colpire ed uccidere  elettivamente le cellule tumorali.
Si aprono alcune questioni di ordine generale.
La prima: perchè le piante fabbricano veleni?
La seconda:cos'è, in particolare, che fa della ricina un'arma tanto letale?
La terza: anche se lo si è sottaciutola storia umana, quella politica in particolare, è sempre stata anche la storia della conquista del potere tramite l'uso dei veleni. L'arte di avvelenare l'avversario, scomodo perché sa o ingombrante perché se ne sta al potere, ha raggiunto fin dall'antichità livelli veramente sofisticati. I potenti si sono circondati di assaggiatori. Ma non è bastato. La lotta per il potere, e quindi per il potere di fare la storia, ha continuato ad essere anche e sempre una storia di veleni.


sabato 25 maggio 2013

PIRETRO

"Margherite" in fiore.
Pensate possano avere qualche importanza delle semplici "margherite"?
Magari ci sarà una qualche ragione se queste piante (Tanacetum cinerarifolium) sono massicciamente coltivate...
I loro fiori vengono fatti seccare e poi ridotti in polvere. Ciò che si ottiene è il cosiddetto Piretro. Molto richiesto perché si dà il caso che i fiori in oggetto siano non solo insettifughi ma anche insetticidi. Già più di duecento anni fa tutto questo era noto ai Cinesi e ai Persiani. E anche in Europa, nel '700, la cosiddetta "polvere persiana" -così era chiamato il piretro- cominciò a essere usata contro i parassiti del corpo e dei vestiti che, date la scarsa igiene, infestavano esseri e case. 
Nei secoli successivi l'uso si estese a tutto l'Occidente. Funzionava. 
Poi, durante la seconda guerra mondiale, venne la svolta. 
Date le condizioni di vita, i soldati al fronte si trovano inevitabilmente invasi dai parassiti. E l'Esercito americano, com'è normale, consumava piretro più di tutti.
In pratica, per evitare di essere mangiato vivo, ogni soldato riceveva regolarmente, insieme alle armi, alle munizioni e al cibo, un sacchetto di polvere di piretro.
Le coltivazioni da cui gli americani lo prendevano si trovavano nelle Filippine e, quando queste vennero occupate dai giapponesi, per l'esercito degli Stati Uniti al fronte, la situazione divenne insostenibile.
Occorreva un rimedio urgente.
Per farla breve, furono i chimici svizzeri che, a forza di provare, trovarono una sostanza che, per i parassiti in questione, si dimostrava davvero micidiale. Si scioglieva nei grassi e quindi poteva agire per contatto e inoltre non si degradava, nel senso che sparsa su una superficie si conservava attiva per mesi. 
Perfetto.
Successe che le truppe americane al fronte si videro consegnare al posto del solito sacchetto di "polvere Persiana" un sacchetto con un'altra polvere.
Più tardi gli Alleati sbarcarono in Italia e, quando a Napoli si verificò una grave epidemia di tifo veicolata dai pidocchi del corpo, quintali della nuova sostanza vennero distribuiti fra gli abitanti della città perché potessero spargersela sui capelli, sui peli pubici e delle ascelle. La nuova sostanza stroncò l'epidemia. Fu un trionfo e così il suo impiego si estese da quello sanitario a quello agricolo.
Questo ha fatto sì che, dopo di allora ne siano state sparse milioni di tonnellate in tutto il Pianeta.
Oggi del DDT -questa era la sostanza-  è proibito l'uso quasi ovunque. Ha perduto gran parte della sua efficacia sugli insetti, che adesso sono resistenti alla sua azione, ma le sue tracce si trovano ormai in tutto il mondo compreso il latte delle donne di ogni angolo di questa Terra.
La sua tossicità non è acuta ma, visto che non si degrada, agisce per accumulo e così non si sa bene cosa abbia provocato e stia provocando.
Da parte sua, l'Agricoltura, perduto il DDT, continua ad utilizzare milioni di tonnellate di nuovi veleni per combattere gli insetti e salvaguardare la sua produttività ancor prima dei suoi prodotti.
Come se non ci fosse il piretro, come se non ci fossero altri mezzi e altri modi..., come se non fossimo noi a mangiare i suoi prodotti...